al Cinema Margherita
Cupra Marittima –
Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese
FINE SETTIMANA
Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese
giovedì 25 febbraio ore 21,15
sabato 27 febbraio ore 21,15
domenica 28 febbraio ore 18,30-21,15
Zootropolis di Byron Howard, Rich Moore, Jared Bush
sabato 27 febbraio ore 18,00
domenica 28 febbraio ore 16,30
Revenant – Redivivo di Alejandro González Iñárritu
lunedì 29 febbraio ore 21,15
giovedì 3 marzo ore 21,15
Arte al Cinema
Figli di Maam di Paolo Consorti
martedì 1 marzo ore 21,15 -Il regista sarà presente in sala per parlare con il pubblico
Evento speciale
Astrosamantha – La donna dei record nello spazio di Gianluca Cerasola
martedì 1 marzo ore 18,00
mercoledì 2 marzo ore 21,15
Prossimamente: The danish girl di Tom Hooper (5, 6, 7 marzo), Fuocoammare di Gianfranco Rosi
Il Cinema Margherita di Cupra Marittima da giovedì 25 febbraio a lunedì 3 marzo propone:
Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese, con Giuseppe Battiston, Anna Foglietta, Marco Giallini, Edoardo Leo, Valerio Mastandrea.
Zootropolis di Byron Howard, Rich Moore, Jared Bush, con Massimo Lopez, Paolo Ruffini, Nicola Savino, Frank Matano, Diego Abatantuono.
Revenant – Redivivo di Alejandro González Iñárritu, con Leonardo DiCaprio, Tom Hardy, Domhnall Gleeson, Will Poulter, Forrest Goodluck. Il film ha trionfato alla cerimonia dei Golden Globes 2016, durante i quali è stato premiato come Miglior regia, Miglior film drammatico e Miglior attore in un film drammatico, inoltre ha ottenuto 12 candidature ai Premi Oscar 2016, risultandone il film con più nomination.
Arte al Cinema
Figli di Maam di Paolo Consorti
martedì 1 marzo ore 21,15 -Il regista sarà presente in sala per parlare con il pubblico
ingresso unico € 5,00
In collaborazione con Galleria Marconi e Comune di Cupra Marittima – Assessorato alla Cultura
Astrosamantha – La donna dei record nello spazio di Gianluca Cerasola – Evento speciale
martedì 1 marzo ore 18,00
mercoledì 2 marzo ore 21,15
Perfetti sconosciuti: Ognuno di noi ha tre vite: una pubblica, una privata ed una segreta. Un tempo quella segreta era ben protetta nell’archivio della nostra memoria, oggi nelle nostre sim. Cosa succederebbe se quella minuscola schedina si mettesse a parlare? Dopo Immaturi e Tutta colpa di Freud, Paolo Genovese dirige una brillante commedia sull’amicizia, sull’amore e sul tradimento, che porterà quattro coppie di amici a confrontarsi e a scoprire di essere “Perfetti sconosciuti”. (www.trovacinema.it)
“Paolo Genovese affronta di petto il modo in cui l’allargarsi dei cerchi nell’acqua di questi “giochi” finisca per rivelare la “frangibilità” di tutti: e la scelta stessa di questo vocabolo al limite del neologismo, assai legato alla delicatezza strutturale di strumenti così poco affidabili e per loro stessa natura caduchi come i nuovi media, indica la serietà con cui il team degli sceneggiatori ha lavorato su un argomento che definire spinoso è poco, visto che oggi riguarda (quasi) tutti. Per una volta il numero degli sceneggiatori (cinque in questo caso, fra cui lo stesso Genovese, senza contare l’intervento importante degli attori che si sono cuciti addosso i rispettivi dialoghi) non denota caos e debolezza strutturale, ma sforzo corale per raccontare una storia che è intrinsecamente fatta di frammenti (verrebbe da dire di bit, byte e pixel), corsa ad aggiungere esempi sempre più calzanti tratti dal reale.
Il copione lavora bene sugli incastri e sugli snodi narrativi che rimangono fondamentalmente credibili, instilla verità nei dialoghi (che certamente verranno riecheggiati sui social e nelle conversazioni da salotto, perché questo fanno certe “conversazioni”: l’eco), descrive tipi umani riconoscibili. Il cast, anch’esso corale, fa onore al testo, e ognuno aggiunge al proprio ruolo una parte di sé, un proprio timore reale. Perché questa società così liquida da tracimare di continuo, sommergendo ogni nostra certezza, fa paura a tutti, e tutti ne portiamo già le cicatrici, abbiamo già assunto la posizione del pugile che incassa e cerca di restare in piedi (o sopravvivere, come canta il motivo di apertura sopra i titoli di testa).
Il tono è adeguato alla narrazione: non melodrammatico (alla L’ultimo bacio), non romanticamente nostalgico (alla Il nome del figlio), non farsesco, non cinico, ma comico al punto giusto, con sfumature sarcastiche e iniezioni di dolore. Questa “cena delle beffe” attinge a molto cinema francese e americano, ma la declinazione dei rapporti fra i commensali è italiana, con continui riferimenti a un presente in cui il lavoro è precario, i legami fragili e i sogni impossibili. La scrittura è crudele, precisa, disincantata, e ha il coraggio di lasciare appese alcune linee narrative, senza la compulsione televisiva a chiudere ogni scena. C’è anche una coda alla Sliding Doors che mostra come il “gioco” (prima che diventi al massacro) sia gestibile solo con l’ipocrisia e l’accettazione di certe regole non scritte: ed è questa la strada che più spesso scelgono gli esseri “frangibili”.”
(Paola Casella – mymovies.it)
Zootropolis: La moderna metropoli di Zootropolis è una città diversa da qualsiasi altra. Composta da quartieri differenti come l’elegante Sahara Square e la gelida Tundratown, accoglie animali di ogni tipo. Dal gigantesco elefante al minuscolo toporagno, a Zootropolis tutti vivono insieme serenamente, a prescindere dalla razza a cui appartengono. Ma al suo arrivo in città, la simpatica e gentile agente Judy Hopps, scopre che la vita di una coniglietta all’interno di un corpo di polizia dominato da animali grandi e grossi, non è affatto facile. Decisa comunque a dimostrare il suo valore, Judy si lancia nella risoluzione di un caso misterioso per cui dovrà lavorare al fianco di una volpe loquace e truffaldina di nome Nick Wilde. (www.trovacinema.it)
“Zootropolis, cartone Disney supervisionato dall’onnipotente John Lasseter, affronta di petto la tematica più attuale di tutte: l’uso della paura come strumento di governo. E va a toccare un altro degli argomenti più sensibili in ogni epoca, ovvero l’esistenza (o meno) di una predisposizione biologia al crimine per alcune razze e alcune etnie. Ma si spinge anche oltre, andando ad analizzare il rapporto fra massa ed élite, nonché l’opportunità (o meno) di sopprimere la natura selvaggia e istintiva sacrificandola all’ordine sociale, flirtando con l’eterno dilemma se nella formazione degli individui, e delle società, conti maggiormente la natura o la cultura.
In realtà il discorso portante è quello dell’autodeterminazione a dispetto della propria limitata dotazione di base: un discorso che, da Monsters & Co a Planes a Turbo, attraversa molta animazione recente. È la filosofia “Yes you can” che ha portato alla presidenza americana un afroamericano e che sta alle radici del (nuovo) sogno americano. Il corollario di questa filosofia è l’ostinazione “ottusa” di Judy a “non mollare mai”, perché nessuno può dirle ciò che può essere e non essere, ciò che può e non può fare.
Naturalmente quello che conta in Zootropolis è il modo in cui questi temi vengono sviluppati, sia a livello di narrazione che di espedienti visivi. E se la sceneggiatura mostra un gioco di semina, di echi e di rimandi fin troppo calibrato, la regia, ad opera di un team di cui fa parte anche Jennifer Lee, la wonder woman dietro Frozen, si sbizzarrisce in fughe rocambolesche, inseguimenti, esplosioni, battaglie ed equilibrismi attraverso ben quattro ambienti distinti: campagna, città, vette innevate e foresta tropicale. La vera forza del film però è l’escalation di battute sia nell’interazione fra Judy e Nick, nati per creare la chimica perfetta, sia nella caratterizzazione di decine di specie animali, fra cui spiccano i bradipi impiegati alla motorizzazione (a riprova che la burocrazia è esasperante a qualunque latitudine) e l’equino hippie doppiato in italiano da Paolo Ruffini. Ci sono anche il roditore che cita il Padrino, la donnola che vende cd taroccati, l’elefantessa maestra di yoga, i lupi che ululano a sproposito, come i cani di Up “biologicamente” predisposti a puntare ogni loro simile di passaggio, il leone sindaco, il bufalo muschiato capitano di polizia, persino la gazzella superstar che ha la voce e le movenze sensuali di Shakira. Tutti indossano abiti umani, camminano in posizione eretta, spippolano sugli smartphone (che recano sul retro il simbolo di un ortaggio morsicato), comunicano via Skype e scaricano App per inventarsi identità virtuali. Perché il presupposto ideologico, per questo come per altri cartoon (vedi Madagascar) è che il regno animale ambisca al modello antropomorfico di civiltà contemporanea: assunto che nessun animale, ancorché ottuso, probabilmente condividerebbe.” (Paola Casella – mymovies.it)
Revenant – Redivivo: Tratto da una storia vera, REVENANT – REDIVIVO racconta l’epica avventura di un uomo che cerca di sopravvivere grazie alla straordinaria forza del proprio spirito. In una spedizione nelle terre vergini americane, l’esploratore Hugh Glass (Leonardo Di Caprio) viene attaccato da un orso e abbandonato, in fin di vita, dai propri compagni. Riuscirà a sopravvivere sopportando indicibili sofferenze, perdite e dolori personali: un viaggio fisico e spirituale mosso da un amore ormai lontano e dal desiderio di fare giustizia. (www.trovacinema.it)
“Inarritu prende in carico il progetto che in prima battuta doveva essere di John Hillcoat e mette in scena un film quasi essenziale rispetto all’arabesco formale e narrativo che è stato spesso la bandiera del suo cinema: un film che ha la pretesa di affondare il coltello (e sono tanti gli affondi di lama) niente meno che nell’essenza, appunto, della natura dell’uomo.
L’universo di Revenant – Redivivo è un universo manicheo: c’è la neve che gela e c’è il fuoco che scalda; c’è il rispetto della parola data e c’è il tradimento; infine, e soprattutto, ci sono due idee di uomo: quella incarnata da Glass, cui fanno da specchio altre figure, più attutite, e quella rappresentata da Fitzgerald, per cui Dio è un scoiattolo che compare quando ne hai più bisogno, e va divorato in fretta, senza pensarci su.
La performance di Di Caprio, in gran parte (la parte migliore) quasi muta, non andrebbe oltre la sensazione dell’effetto speciale, ben assecondato ma costruito, se non fosse che il film, pur insistendo sull’aspetto estremo della lotta per la sopravvivenza – col racconto visivo delle più ardite pratiche chirurgiche e gastronomiche -, non lascia che il dolore fisico del protagonista superi lo strappo dell’anima, stringendoli in un unico nodo. Il personaggio di Hawk, di cui non c’è traccia nel libro di partenza né nella documentazione storica su Hugh Glass, è un’invenzione utilitaristica ma, in fondo, necessaria per scaldare la motivazione del protagonista e farne un “Gladiatore” dei ghiacci.
Ad un cuore narrativo pulsante, benché a dir poco basilare, primitivo come l’ambiente geografico e umano in cui è ambientato, Inarritu accompagna un’estetica di sangue misto, che combina, da un lato, un’immersione letterale nella natura e nel western iperrealista e, dall’altro lato, un immaginario sentimentale sopra le righe, non proprio originale. In materia di dialogo come d’immagine e persino di colonna sonora, non manca, infine, qualche retorica di troppo (“Non ho paura di morire: sono già morto” è una battuta che andrebbe bandita causa abuso).
Ai confini del mondo, il messicano Inarritu non incontra né Herzog né Malick: ritrova le proprie convinzioni cinematografiche, rinnova l’arte dello sfoggio, ma la semplificazione degli attori in gioco e la potenza dello spazio scenico, temperando il narcisismo, operano a vantaggio del film.” (Marianna Cappi– mymovies.it)
Figli di Maam: Metropoliz – Roma, in una ex fabbrica, ora occupata da precari e immigrati, un uomo che crede di essere S. Giovanni Battista viene accolto dalla comunità locale. L’ex fabbrica sta per inaugurare un’esposizione di arte contemporanea organizzata dal MAAM (Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz). Giovanni si aggira tra artisti, amici e bambini, confondendo la realtà con le sue visioni. Il suo intento è quello di riunire tutti i Santi a Metropoliz per iniziare a predicare da quel posto.
Astrosamantha – La donna dei record nello spazio: Attraverso la voce narrante di Giancarlo Giannini, il regista segue per tre anni Samantha Cristoforetti per tre anni, dall’addestramento al rientro dallo spazio, mostrando una versione inedita della donna insignita, al rientro dalla sua missione, dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce, la più alta dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Samantha Cristoforetti, astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), pilota dell’Aeronautica Militare, protagonista della seconda missione di lunga durata dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). (www.trovacinema.it)
“Gianluca Cerasola ha scelto un punto di vista decisamente interessante per realizzare questa sua opera e ha potuto farlo ovviamente grazie alla disponibilità delle varie realtà aerospaziali coinvolte ma soprattutto grazie alla generosità della protagonista. Perché Samantha Cristoforetti è sicuramente un militare e un ingegnere estremamente abile e professionale ma è anche una straordinaria divulgatrice di nozioni spesso complesse e qui lo dimostra con grande naturalezza. È come se, da parte sua, ci fosse una particolare attenzione a mettere a proprio agio chi sta guardando grazie al desiderio di farlo partecipare alla realizzazione del suo sogno. Si rivela cioè decisamente pronta a illustrarne sia gli aspetti più faticosi che quelli più entusiasmanti filtrandoli attraverso la quotidianità e il progressivo avvicinamento all’obiettivo.
Dalle centrifughe all’assenza di peso o dalle simulazioni di situazioni di emergenza passiamo con naturalezza alla preparazione del cibo a bordo soddisfacendo anche le eventuali curiosità sull’evacuazione dei rifiuti fisiologici. Ma non manca neppure la rivelazione su una sorta di passione collettiva delle astronaute (in servizio o a riposo) per il B-movie Tank Girl o la descrizione di cosa si può trovare negli armadietti dei mini appartamenti che, a turno, i componenti delle missioni spaziali occupano a Star City.
Poteva rivelarsi non facile sfuggire all’agiografia dell’”eroina dello spazio” ma con una protagonista come lei accade con naturalezza. Con l’aggiunta di un’ulteriore, interessante elemento. È consolante, in un’epoca in cui chiunque salga su un mezzo pubblico vede attorno a sé un numero considerevole di persone che osservano uno schermo, notare che gli astronauti (Samantha compresa) nella fase di decollo consultano dei fascicoli e non solo dei monitor. Le due forme di media possono ancora convivere. Almeno nello spazio.” (Giancarlo Zappoli – mymovies.it)
Anche per la stagione 2015-2016 il Cinema Margherita propone la Tessera Acec Marche. La tessera costa € 5, permette di avere 5 ingressi ridotti, più uno in omaggio, ed è utilizzabile in tutte le Sale Acec Marche.
Ingressi: € 6,50 interi, € 5,00 ridotti
Ingresso universitari: € 4,00
Cinema Margherita
Via Cavour, 23
63064 Cupra Marittima (AP)
Telefono: 0735 778983 / 340 7322062
Fax: 0735 777118
Email: info@cinemamargherita.com
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