Dino Cappelletti: fotografia e memoria, un binomio inscindibile

Le riflessioni del fotografo Dino Cappelletti, nell’ambito della mostra “Grottammare”.
 
GROTTAMMARE – “Il presente del passato è la memoria, il presente del presente è la visione, il presente del futuro è l’attesa”: la frase, attribuita a Sant’Agostino, è perfetta per sintetizzare quello che Dino Cappelletti, fotografo professionista dal 1984, ha voluto trasmettere durante l’incontro che si è svolto presso lo “Spazio Colella” di Piazza Peretti, a Grottammare, a margine della sua mostra “Grottammare”, che potrà essere visitata fino al prossimo 29 febbraio.
 
Sono convinto del fatto che la fotografia sia una forma d’arte – ha esordito così Dino Cappelletti – e se rinunciamo alla fotografia, rinunciamo all’arte o comunque ad una delle sue espressioni più importanti. Si tratta di capire perché la nostra società preferisca rinunciarvi. 
Cappelletti, che da più di vent’anni cura corsi di fotografia, seminari ed escursioni fotografiche, a vantaggio dei colleghi professionisti, partendo dal presupposto che “fare fotografie” non equivale ad essere fotografi, ha svelato (in un dibattito con il pubblico e con l’amico e critico Carlo Traini) molti segreti sul proprio lavoro quotidiano e, nell’affrontare il tema del passaggio dalla fotografia tradizionale al digitale, si è posto ed ha posto una domanda fondamentale: perché non si stampano più foto?
 
È innegabile che le nuove tecnologie abbiano permesso a tutti di divertirsi a fare foto – ha aggiunto – ma si comincia a capire che un numero eccessivo di immagini impedisce la corretta archiviazione e, soprattutto, viene meno la voglia di stamparle per conservarle. Cosa accadrà se perderemo i nostri archivi digitali, quanti ricordi si perdono solo per il cambio della memoria di uno smartphone o della sua SIM…
 
Si perde, senza dubbio, quella magia che le 17 tavole fotografiche della mostra, tutte sul soggetto preferito di Dino Cappelletti, la “sua” Grottammare, trasmettono, che per stessa ammissione dell’autore “non sono le migliori, ma le mie preferite”.
Alla fine, però, si perde qualcosa di ancora più preziosa: la memoria del momento, il ricordo della dolcezza (o, perché no, anche dell’amarezza) di un ricordo: è come se si fosse persa l’eccezionalità di “fermare l’immagine” con lo scatto fotografico.
 
La nostra generazione, con quelle future, è condannata a dimenticare in un mondo che concede troppe possibilità di fare foto oppure è ipotizzabile un’inversione di tendenza?
 
Dino Cappelletti e sua moglie Laura Venditti, fotografa e titolare con lui di Foto Studio Immagine, studio fotografico specializzato nella fotografia sociale e di ritratto, proprio con la loro mostra su Grottammare hanno dimostrato quanto sia importante “scattare” per selezionare, per esaltare quello sguardo attento sul passare delle stagioni, il mutamento dei colori che diventa in realtà una selezione delle proprie emozioni.
Attraverso un excursus storico sull’arte fotografica, dagli studi sulle regole di composizione di Leonardo da Vinci alle opere di Man Ray, Henry Cartier Bresson e Mario Giacomelli, è parso chiaro a tutti i presenti che, perdendo i ricordi, perderemo di conseguenza la visione del nostro domani e, in definitiva, un giorno smetteremo di aspettarci alcunché dalla vita: si scrive fotografia, si legge memoria.
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