Infortuni e Malattie Professionali al Femminile

8 MARZO E INFORTUNI DELLE DONNE
 
 
Ascoli Piceno – Come negli anni passati in occasione dell’8 Marzo, Festa della Donna, il Dipartimento Sicurezza Sul Lavoro di Cgil Cisl Uil di Ascoli Piceno ha analizzato i dati Inail sugli infortuni al femminile.
I dati ufficiali di riferimento sono quelli dell’anno 2014 poichè quelli del 2015 sono in fase di elaborazione. Nel 2014 gli infortuni sul lavoro al femminile denunciati all’Inail sono stati 238.094, circa un terzo del totale (663.440). A queste si aggiungono 40.000 denunce di infortuni di studentesse delle scuole pubbliche statali e le circa 900 della gestione autonoma casalinghe.
Nel nostro Paese le donne sono il 52% della popolazione in età lavorativa (oltre i 15 anni), mentre quelle con un impiego, quantificate dall’Istat in 9,3 milioni, sono pari al 41,6% del totale degli occupati e sono concentrate prevalentemente nel Centro-Nord.
È nelle attività dei servizi (con i dipendenti statali), che si concentra il maggior numero di infortuni femminili (84% di tutti gli infortuni delle lavoratrici contro il 46% di quelli maschili), mentre il 12% riguarda l’industria (contro il 46% degli uomini) e il 4% l’agricoltura (8% tra i lavoratori). I settori di attività con maggiore incidenza infortunistica femminile vede al primo posto il personale domestico (88,0%), la sanità, i servizi sociali (75,0%) e il confezionamento di articoli di abbigliamento (70,0%).
La prima causa delle lesioni è la caduta. La mano è la sede della lesione maggiormente interessata dagli infortuni indennizzati.
La fascia più colpita in valore assoluto è quella tra i 40 e i 60 anni fascia in aumento anche a causa del protrarsi al lavoro per gli effetti della legge Fornero.
Sono le lavoratrici straniere le più colpite: romene, marocchine e albanesi; mentre tra i casi mortali romene, Cinesi e albanesi.
Circa le malattie professionali, nel 2014 le denunce presentate dalle lavoratrici sono state quasi 15mila (30%). Mentre gli infortuni hanno proseguito il trend decrescente degli ultimi anni, le malattie professionali sono in crescita. Nel quinquennio 2009-2013, le denunce provenienti dalle lavoratrici sono aumentate di ben il 55% (tra gli uomini 44%). L’incidenza femminile in questo caso è più alta nel Nord-Est (36% del totale) e al Centro (34%), mentre la più bassa si rileva nelle Isole (14%).
A colpire i lavoratori di entrambi i sessi sono soprattutto le malattie osteo-articolari e muscolo-tendinee. Tra gli uomini, però, queste patologie rappresentano il 63% delle denunce, mentre tra le donne questa percentuale sale fino all’87%. In particolare, la sindrome del tunnel carpale viene denunciata più dalle donne che dagli uomini.
Dati della Regione Marche anno 2014 Infortuni donne

Provincia
Totale denunce donne
Totale denunce uomini e donne

Ancona

2542

7224

Ascoli Piceno

998

2647

Fermo

552

1592

Macerata

1415

3946

Pesaro Urbino

1594

4595

Totale

7101

20540 -2.5%

Regione MARCHE anno 2014 Infortuni donne

Gestione/ settore
Totale denunce

Industria e servizi

4959

Agricoltura

457

Stato

1685

Totale

7101

 
Fasce di età – anno 2014 Totale denunce donne

Fino a 14 anni

762

Da 15 a 19 anni

379

Da 20 a 24 anni

275

Da 25 a 29 anni

455

Da 30 a 34 anni

504

Da 35 a 39 anni

614

Da 40 a 44 anni

849

Da 45 a 49anni

929

Da50 a 54 anni

969

Da 55 a 59 anni

776

Da 60 a 64 anni

405

Da 65 a 69 anni

87

Oltre i 70 anni

97

Totale

7101

 
Nel contempo con l’occasione volgiamo ricordare come la grave crisi economica che ha colpito il Paese, ha avuto un impatto particolare anche sulla vita professionale delle neo-madri.
Quasi una donna su quattro, che risulta occupata al momento della gravidanza, non lo è più dopo la nascita del primo figlio (dati Isfol/Istat).
Tra i motivi che spingono a lasciare il lavoro c’è la difficoltà di conciliazione dei ruoli (67,1), mentre quelli legati all’insoddisfazione per il tipo di lavoro svolto, sia in termini di mansioni che di retribuzione, sono del 13,5%.
Il nostro Paese ha un tasso di occupazione femminile tra i più bassi in Europa.
Nell’Unione Europea è pari a 62,1 tra i 20 e i 64 anni. In Italia è del 49,4. Siamo al penultimo posto tra i 28 Stati membri, seguito solo da Malta con 41,6.
In Italia ci sono forti ostacoli culturali, sociali e materiali che limitano la presenza della donna nel mondo del lavoro poiché fortemente condizionata dalle difficoltà che incontra nel suo triplice ruolo di moglie-madre-lavoratrice; un ostacolo che deriva dal ritardo con cui lo Stato assume il suo ruolo sociale.
Nel nostro Paese appena l’1,4% del PIL viene destinato a famiglia e maternità, contro il 2,1% della media europea (dati Eurostat).
Queste difficoltà si riflettono sulla sicurezza sul lavoro, in particolare per gli infortuni in itinere.
La donna lavoratrice ha la probabilità di subire un infortunio “in itinere” superiore del 50% rispetto al collega maschio. Circa il 60% delle morti femminili sul lavoro è per incidenti in itinere.
La donna, ancor prima di uscire da casa per andare al lavoro, ha già accumulato, in famiglia, dispendio di energie e stress psicofisico; lo stesso percorso casa-lavoro è, a volte, affrettato con interruzioni o deviazioni (per portare i figli all’asilo o a scuola o in palestra ecc.). E’ una corsa contro il tempo che può influire sulla lucidità e la concentrazione nella guida.
Le difficoltà di conciliare la partecipazione al mercato del lavoro producono fenomeni di povertà con l’impossibilità di maturare la contribuzione necessaria per la pensione.
Inoltre le donne, hanno in media retribuzioni più basse e carriere più discontinue (-30%) con effetti negativi sulla pensione.
L’attuale meccanismo dell’incremento dell’aspettativa di vita per tutti i tipi di pensione, non tiene conto che i lavori non sono tutti uguali e che ci sono professioni particolarmente nocive e gravose.
E’ folle che una donna a 67 anni possa ancora occuparsi dei bimbi all’asilo nido così un’infermiera in un a RSA o un’addetta ad una catena di montaggio!
A nostro avviso per poter consentire alle donne i raggiungere i requisiti contributivi bisogna riconoscere loro il lavoro di cura che svolgono sia in costanza di rapporto di lavoro sia in assenza, perché è un’attività importante che sopperisce alla mancanza dei necessari servizi sociali sul territorio per i bambini, gli anziani e le persone non autosufficienti. Ascoli Piceno 5/03/2016
p/Dipartimento Sicurezza sul Lavoro CGIL CISL UIL
G. Collina, S. Ionni, G. Bianchini
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