Musica e letteratura. Quali sono i libri preferiti di Rossano Lo Mele?
Se dovessimo indicare dei musicisti italiani che negli ultimi lustri hanno cantato l’amore in modo originale e raffinato, riconoscibile e internazionale, con tutta probabilità diremmo i Perturbazione. La band piemontese, dal primo album interamente in italiano, “In circolo” del 2002, fino al recentissimo “Le storie che ci raccontiamo” (leggi la recensione), ha sempre scritto canzoni che somigliano ad acquerelli, delicatamente sentimentali, letterari e, al tempo stesso, profondamente legati alla contemporaneità.
Dopo Bugo, Giuliano Dottori, Andrea Chimenti, Erica Mou, Levante e Patrizia Laquidara, abbiamo intervistato Rossano Lo Mele, fondatore, batterista e autore dei testi dei Perturbazione, oltre che direttore del mensile Rumore, sulle sue letture preferite e su come queste influenzino le canzoni della band.
Ricordi qual è stato il romanzo che ti ha fatto innamorare della lettura?
Ce ne sono diversi, perlopiù legati a Italo Calvino: le sue fiabe italiane riscritte o la celeberrima trilogia degli antenati. Diciamo che ricordo anche però bene le letture che hanno rischiato di allontanarmi dalla lettura stessa. Mia madre, lettrice avidissima e fortissima da sempre, da piccolo mi propinò una Capanna dello zio Tom che fu quasi letale per me, devo essere sincero. L’intenzione era di avvicinarmi ai temi e alla consapevolezza legati al razzismo, tuttavia diciamo che non ero preparato.
Quanto leggi oggi?
Leggo sempre. È di gran lunga la mia attività principale, da decenni ormai. Credo abbia a che fare anche con le mie scelte legate agli studi: sono laureato in lettere, vecchio ordinamento, specializzato in letteratura nordamericana. Per questo ho sempre un libro sul comodino. In questo momento, per esempio, ho cominciato a leggere Fruttero & Lucentini che, mea culpa, avevo sempre ignorato. Il romanzo A che punto è la notte; ma sto leggendo anche la raccolta di pezzi giornalistici del solo Carlo Fruttero, Mutandine di chiffon: Memorie retribuite.
Sei uno che legge in solitudine o riesci a leggere anche in mezzo alla gente? In tour, per esempio, riesci a leggere?
In tour leggo sempre, ma per la verità è un tipo di attività che svolgo meglio in solitudine, a casa. O in quelle situazioni di coda, tipo dal dentista, dal medico, all’ASL. Oddio, detto così suona come un’attività sanitaria.
Ti sei mai sentito spinto a scrivere una canzone dopo aver letto un romanzo?
Molte canzoni dei Perturbazione, più di quante si pensi, nascono da libri, romanzi e racconti. Brautigan (2007, sta in Pianissimo fortissimo) nasce dalla lettura dei racconti brevi dell’omonimo scrittore. Brani ancora inediti come Presente assente o Il paradiso degli amanti derivano rispettivamente dalla lettura del romanzo a fumetti Cinquemila chilometri al secondo di Manuele Fior o della recente autobiografia dello scrittore americano John Cheever.
In una canzone dei Perturbazione di qualche anno fa, Leggere parole, citavate Calvino e Perec e raccontavate una separazione amorosa in parallelo con una divisione dei libri. Come è nata quella canzone?
Memoria da elefante, la tua! Nasce dalla chiusa di un romanzo breve di Dario Voltolini, che fu anche mio professore di scrittura (e più precisamente di ritmo nella scrittura) ormai molti anni fa. Mi è sempre piaciuto quel “leggere parole leggere” che si poteva interpretare in tantissimi modi. E mi sono chiesto: che succede se assembliamo quella chiusa alla storia di due persone. Al fatto che molto spesso per sedurre o conquistare qualcuno capita di riciclare parole, situazioni, luoghi, cliché. Non è elegante, ma succede più di quanto si immagini. Ecco.
C’è un romanzo che secondo te ha raccontato l’amore meglio di tutti gli altri?
Penso che un libro recente come Lacci di Domenico Starnone racconti l’amore in una maniera talmente adulta, omnia, matura, profonda da lasciare i brividi, una volta chiuso. Universale, perché racconta cosa vuol dire l’amore e la sua assenza (e l’innamorarsi) a tutte le età, in condizioni diverse. E tutto ciò che siamo disposti a fare o subire per questo.
Un romanzo al termine del quale ti sei sentito completamente compreso e accolto?
Ce ne sono tantissimi, ma ne sceglierò uno italiano. E quasi contemporaneo. Dico quindi A perdifiato di Mauro Covacich. Perché parla anche di corsa (che cerco di praticare, ma non quanto vorrei) e perché dice soprattutto della natura umana. Dell’amore, dei mille misteri che ognuno di noi ha ed è. Del dolore fisico che i sentimenti danno. E del dolore fisico che la fatica crea. Della solitudine, della distanza. Del pericolo. E delle menzogne senza le quali non esisterebbe l’idea che abbiamo di verità. Scrittore gigantesco, Covacich.
Un romanzo che ti ha tormentato e disturbato più di altri?
Anche qui, ce ne sono parecchi. Diciamo che negli anni della formazione mi colpì molto La campana di vetro di Sylvia Plath. Un po’ per la storia, davvero asfissiante, che racconta. Ma parecchio anche per la biografia della Plath stessa, morta suicida. E per il controverso rapporto col marito Ted Hughes. Altro uomo di lettere, da molti considerato il “movente”, diciamo così, della campana di vetro.
Jonathan Franzen “Libertà”
Qual è la tua idiosincrasia letteraria?
Non saprei, diciamo che ho sempre fatto una fatica bestiale con uno come Thomas Pynchon, ma immagino sia solo colpa mia. Credo semplicemente abbia una modalità di scrittura e di evocazione che non sento vicina e che fatico a capire.
C’è un romanzo a cui la tua musica credi possa fare da ideale colonna sonora?
Mi piacerebbe molto che la nostra musica potesse idealmente fare da colonna sonora a un romanzo enciclopedico come Libertà di Jonathan Franzen. Perché dentro c’è una gamma di situazioni, sentimenti, età, storie davvero ampia. E una visione per me invidiabile, dei medesimi e dell’attualità, dei tempi che abitiamo. Una capacità di racconto e coinvolgimento senza eguali.
Quali sono i tuoi tre romanzi preferiti di tutti i tempi?
Pastorale americana di Philip Roth per la capacità di affresco, creazione e descrizione di personaggi e sentimenti. Il giovane Holden di J.D. Salinger perché ha inventato un mondo, una scrittura, e anche un personaggio divenuto iconico. Il grande Gatsby di F.S. Fitzgerald, perché ha la chiusura più bella della storia della letteratura, almeno per me.
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