Jonathan Coe “Numero undici”
“Coe è tornato a fare ciò che gli riesce meglio. ‘Numero undici’ è una satira graffiante dello stato delle cose, dalla trama barocca ed estremamente allusivo, un libro arrabbiato ed esuberante. Non solo Coe è tornato, ma è tornato in grande forma.” (The Sunday Times)
Un po’ favola nera, un po’ horror, un po’ romanzo di formazione (nell’accezione più dickensiana del termine), “Numero undici” riprende le atmosfere dei vecchi romanzi dell’autore – “La famiglia Winshaw” su tutti – aggiornandole alla nostra contemporaneità. La scrittura di Coe, quando è al suo meglio, è una girandola di trovate narrative, salti temporali, colpi di scena, una scrittura innamorata dei suoi personaggi, che sono svelati in modo sorprendente e irresistibile.
E’ attraverso le parabole esistenziali di Rachel, Alison, Laura, Val, Nathan che Coe si permette di raccontare senza veli la crisi economica e con essa la crisi di valori di una società – quella inglese – che per vizi e debolezze non è troppo difforme dalla nostra. La critica di Coe è velenosa, subdola. L’immagine che resta al lettore è quella di una Gran Bretagna in cui pare impossibile fidarsi di qualcuno, meno che meno dei potenti: su Tony Blair e sull’attuale politica asservita alle istituzioni finanziarie lo scrittore di Birmingham non si fa scrupoli di riversare tutto il suo disprezzo, così come non si trattiene dal condannare un sistema che tollera con impotenza conti all’estero e investimenti offshore e manda in galera chi non dichiara guadagni di poche sterline. La parte ricca e priva di coscienza della società inglese e quella più umile alle prese con le difficoltà di ogni giorno si fronteggiano per tutto il romanzo, dandogli un senso di serpeggiante paranoia.
“Numero undici” racconta lo spettacolo che fa politica, la politica che diventa avanspettacolo, il vuoto che si cela dietro i personaggi a cui il nostro tempo ha permesso di prendere il potere; racconta le idee che diventano ossessioni e le ossessioni che portano alla morte; racconta come l’amicizia tra due adolescenti possa venire distrutta dalle più diaboliche app che dovrebbero rendere la nostra vita più social; racconta la fine dell’innocenza, che arriva quando meno te lo aspetti, per esempio mentre sei in vacanza dai tuoi nonni e alla televisioni apprendi del suicidio di David Kelly (lo scienziato che smascherò le menzogne del governo Blair sulle armi di distruzioni di massa di Saddam Hussein); racconta infine la giovinezza, che per Coe continua ad essere quel labirinto di speranze e delusioni dal quale, se si è bravi e fortunati da non rimanervi intrappolati, si esce fuori uomini.
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