Rischi ambientali per il cittadino ed energie rinnovabili: no alle scelte “schizofreniche” in Italia
Intervista a Paolo Canducci
San Benedetto del Tronto, 2016-05-03 – Ho scelto di intervistare Paolo Canducci in primis come componente del direttivo nazionale del Coordinamento Agenda 21, oltre che assessore delle Politiche Ambientali della amministrazione uscente di San Benedetto del Tronto. Il Coordinamento Agende 21 Locali Italiane è una associazione costituita da Regioni ed enti locali per migliorare la gestione dell’ambiente e per fare dello Sviluppo Sostenibile un passo verso un futuro più equo. La città di San Benedetto è stata sempre in prima linea nelle lotte a favore dell’ambiente e della salute del cittadino. Ricordiamo ad esempio che nel 1979 la città si infiammò contro la possibilità della installazione di una centrale elettrica Turbogas; ora le lotte continuano contro l’impianto di stoccaggio del gas Gasplus e contro le trivelle in mare, nella coscienza che “la terra non è eredità ricevuta dai nostri Padri, ma un prestito da restituire ai nostri figli”, come recita un famoso proverbio dei Nativi Americani. L’ambiente come bene comune, e le energie rinnovabili, sono sempre più alla ribalta nell’interesse dei cittadini, nella coscienza che il mondo è di tutti e che i maggiori rischi delle decisioni sull’ambiente sono a carico delle future generazioni.
Paolo, quali sono le principali accortezze che oggi, finanze dei comuni permettendo, sono state adottate e sarebbe opportuno adottare per una città, per salvaguardare l’ambiente? Come è la situazione a San Benedetto?
Le città oggi rappresentano le vere protagoniste del processo di riconversione ecologica della nostra società e della nostra economia. Nelle città vive il 70% della popolazione mondiale che consuma l’80% delle risorse naturali. Si comprende facilmente come le politiche degli enti locali possano dare un contributo decisivo alla lotta ai cambiamenti climatici in tutti i settori : dalla mobilità, favorendo i trasporti pubblici e la mobilità alternativa; all’energia, attraverso la produzione da fonti rinnovabili e la riqualificazione edilizia degli edifici secondo criteri di efficienza e risparmio energetico; alla raccolta dei rifiuti, spingendo sulla raccolta differenziata e sulla riduzione della produzione di rifiuti; infine alla riforestazione urbana, alberando i viali e realizzando parchi all’interno del tessuto urbano. San Benedetto del Tronto ha intrapreso questa strada, da anni facciamo parte della rete di comuni italiani dell’Agenda 21 e delle città sostenibili europee. Molto abbiamo fatto sul fronte dei rifiuti e dell’educazione ambientale, 70% di raccolta differenziata e programmi nelle scuole cittadine, nonchè nel campo delle energie alternative, installando oltre 3 MW di energia fotovoltaica su edifici pubblici e parcheggi. Sul fronte dei parchi pubblici abbiamo realizzato nuove aree verdi, Piazza Kolbe e via Ferri, e alberato viali della città. C’è ancora molto da fare, soprattutto sul fronte della mobilità, implementando il progetto di metropolitana di superficie con la realizzazione di due/tre fermate aggiuntive lungo la tratta ferroviaria San Benedetto – Ascoli, una all’altezza del porto, le altre in viale dello sport in corrispondenza della caserma dei carabinieri e nella zona commerciale di via pasubio, all’altezza dell’ipercoop. In questo modo i cittadini sambenedettesi, gli studenti e i residenti della vallata e del capoluogo potrebbero spostarsi per andare al mare, allo stadio, a scuola e a fare acquisti anche con il treno.
Qual è il rischio maggiore oggi per una città, a livello ambientale? E per San Benedetto?
I rischi maggiori riguardano un pò tutte le matrici ambientali, suolo aria e acqua, dipende dalle zone e dalle città. Ad esempio nella nostra zona vi è un rischio dissesto idrogeologico, dovuto all’eccessivo sviluppo urbanistico anche in zone collinari e lungo i fiumi e torrenti, fondamentali saranno gli interventi di mitigazione e adattamento, un esempio di questi interventi sono il rifacimento delle condotte fognarie che ha visto coinvolte molte zone della nostra città, la messa in sicurezza del Paese Alto, la realizzazione di nuovi ponti sul Tronto, e delle casse di laminazione lungo il torrente Albula. Altro rischio, più subdolo, è rappresentato dalle polveri sottili, traffico e impianti di riscaldamento ne sono le principali cause, per questo bisogna investire risorse per migliorare la mobilità e incentivare l’efficienza energetica degli impianti di riscaldamento domestici.
Ritieni che la politica europea sia adeguata o si stia adeguando a livello di energie rinnovabili? Quanto siamo indietro, in Italia, secondo te?
L’Europa da anni è impegnata nel portare avanti politiche di risanamento ambientale, di lotta ai cambiamenti climatici e ha raggiunto importanti risultati soprattutto sul fronte delle energie alternative con il “Piano 20 20 20″, pacchetto clima-energia che prevede di ridurre le emissioni di gas serra del 20 %, alzare al 20 % la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili e portare al 20 % il risparmio energetico: il tutto entro il 2020. L’Italia non è messa male da questo punto di vista. La crisi ha aiutato a ridurre i consumi e quindi a raggiungere gli obiettivi che ci sono stati fissati, però a mio avviso la differenza con gli altri grandi paesi europei sta nell’incapacità delle nostre grandi città di raggiungere obiettivi ambiziosi. I risultati migliori stanno arrivando dagli enti locali più piccoli, ad oggi sono loro l’esempio virtuoso del nostro Paese. Le grandi città su tutte Roma, per ora non fanno passi avanti, anzi. L’Expo a Milano spero abbia fatto comprendere che si può fare. Milano in quei mesi è stato un bell’esempio sul fronte della mobilità, del recupero ambientale dei navigli, dei rifiuti ma non possiamo aspettare sempre il grande evento per sperare di destinare risorse a questi temi, deve essere un percorso costante e inarrestabile. Sicuramente la schizofrenia delle scelte del governo nazionale in materia energetica e ambientale non aiuta gli enti locali ad avere questa necessaria continuità.
Cosa cambia dopo l’ultimo accordo di Parigi? quali segnali puoi cogliere a livello internazionale?
L’accordo di Parigi è stata una bella pagina nella storia delle battaglie ambientaliste mondiali. Finalmente grazie a una grande mobilitazione dal basso che va avanti da decenni, i Grandi del Mondo si sono accorti dell’emergenza climatica e hanno deciso di farsene carico. Sicuramente gli obiettivi iniziali erano più ambiziosi ma secondo me non era scontato uscire con un accordo sottoscritto da tutti e questo è sicuramente il risultato più grande raggiunto. Io ho partecipato ai primi tre giorni della Conferenza e ho respirato l’aria delle grandi occasioni, sono stato sempre ottimista sull’esito finale perchè si percepiva l’importanza dell’evento. Ora è fondamentale monitorare costantemente i progressi delle iniziative messe in campo dai vari Paesi, non possiamo mollare ce lo chiedono soprattutto gli abitanti dei Paesi più poveri che stanno subendo gli effetti del cambiamento climatico mentre i Paesi più ricchi sino ad oggi ne hanno solo percepito i vantaggi, ma anche questo non potrà continuare all’infinito. Il cambiamento climatico ora si percepisce anche in Europa e negli Stati Uniti.
Mi permetto una osservazione prendendo come spunto l’XL Keystone in Canada e Stati Uniti, ma parlando poi dei vari oleodotti e gasdotti che stanno continuando a segare in due anche l’Europa. Il fine qual è, sapendo che il petrolio e le risorse fossili saranno in qualche decennio in esaurimento?
Guadagnare tutto e subito? Non si è ancora in grado, o non si vuole rimpiazzare l’energia fossile con quella rinnovabile?
Purtroppo le energie fossili sono dure a morire. Facevo le superiori nei primi anni 90 e si diceva che a breve le riserve di petrolio sarebbero esaurite. Non è successo, anzi sembrerebbe il contrario. Inoltre c’è anche il gas e proprio sul gas è in atto una grande battaglia che coinvolge l’Europa e la Russia e che è alla base delle recenti tensioni tra Stati Uniti e Russia in Siria. Le fonti fossili inquinano e sono poco democratiche, anzi spesso sono causa di scontri internazionali. Jeremy Rifkin con la sua terza rivoluzione industriale ipotizza un mondo dove tutti si producono l’energia di cui hanno bisogno e ne condividono la sovraproduzione. Non è un sogno, oggi la tecnologia già lo permette, è necessario favorire l’accesso dei cittadini a queste tecnologie. Le energie alternative sono alla portata di tutti, non favoriscono i monopoli, sono pulite e sicure, costano poco, forse per questo non interessano alle multinazionali e ai Governi legati mani e piedi a queste grandi aziende. Ma uno scoglio non può fermare il mare, la tecnologia, la rete e i giovani riusciranno nell’impresa di riconvertire in senso ecologico la nostra economia.
Infine. Diverse centrali nucleari sono state dismesse in Inghilterra e in Germania, mentre se ne costruiscono ampiamente in Cina e in India, ad esempio.
Qual è il punto di non averne nel proprio paese, se una singola centrale nucleare in un paese lontano può danneggiare interi continenti?
Questa è la classica obiezione dei favorevoli al nucleare che io non condivido. I paesi che fanno a meno del nucleare, e con piacere ho accolto la notizia della progressiva dismissione delle centrali tedesche e la decisione di non costruirne di nuove, sono l’esempio concreto che si può creare sviluppo anche senza il nucleare, se lo può fare la Germania uno dei Paesi più industrializzati del mondo allora lo possono fare tutti. Questi esempi convinceranno anche gli altri ad abbandonare il nucleare, più costoso e meno sicuro delle fonti alternative, sperando che non siano gli incidenti a convincerli.
Paolo Canducci nato il 02.10.1975 a San Benedetto del Tronto , ivi diplomato al liceo scientifico Rosetti ; laureato nel 2000 in giurisprudenza all’università di Macerata. Master post universitario in giurista d’impresa. Di professione avvocato civilista con studio a San Benedetto del Tronto . Sposato e padre di una ragazza di 13 anni. Impegnato in politica dagli anni della scuola superiore, ha sempre militato nella federazione dei Verdi ; dal 2006 assessore al Comune di San Benedetto del Tronto con delega all’ambiente e all’urbanistica. Attualmente componente del direttivo nazionale del Coordinamento agenda 21. L’implementazione della raccolta differenziata, il recupero ambientale della riserva naturale della Sentina, la riqualificazione dei parchi urbani e del Paese Alto, la certificazione ambientale di tutti gli edifici pubblici e l’installazione di pannelli fotovoltaici su edifici pubblici per oltre 3 mega di potenza sono i principali interventi del suo mandato.
Appassionato di sport, ciclista amatoriale, grande lettore di giornali e fumetti. Ama l’arte del 900 e le moto customizzate. Possiede una bmw k75 del 1992 cafe racer.
Il suo piatto preferito sono i ravioli dolci alla ricotta della mamma. Ama mangiare il pesce e bere vino del Piceno.
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