Unioni Civili

di Mons. Carlo Bresciani*
 
 
Bresciani: “Trattare diversamente situazioni o relazioni diverse non è fare ingiustizia, all’opposto è proprio quello che la giustizia richiede”
 
 
San Benedetto del Tronto – L’11 Maggio è stata approvata dal parlamento la nuova legge che prevede, come recita il titolo completo del provvedimento: “la regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina le convivenze”.
Il Vescovo della diocesi di San Benedetto – Ripatransone – Montalto Mons. Carlo Bresciani in merito afferma: “L’approvazione della legge sulle unioni civili invita a una pacata, ma seria, riflessione su cosa stia succedendo non solo ai nostri parlamentari, ma a tutta la nostra società. Non siamo di fronte a questioni di fede (cattolica, mussulmana, …), in prima battuta almeno, ma alla scelta fondamentale di come vogliamo costruire la nostra società, di quali proposte vogliamo fare ai nostri giovani e quali mete di una vita buona vogliamo loro proporre.

Nessuno, anche se non condivide tale scelta, contesta il diritto di chi non vuole sposarsi o di chi vuole stare con una persona dello stesso sesso a farlo. Ovviamente nessuno deve avere danni civili per quanto avviene nella sua vita privata, a meno che abbia ricadute sociali rilevanti, ma nessuno può pretendere che si abbia a condividere necessariamente le sue scelte, così come un cristiano non può pretendere da un non cristiano la condivisione di scelte cristiane di vita. Da cristiano e cattolico non voglio la discriminazione di nessuno; voglio bene anche alle persone omosessuali e hanno la mia comprensione per le eventuali e non volute difficoltà che devono affrontare. Ci può essere anche più del semplice rispetto personale anche nel dissenso. Da cristiano non impongo le mie convinzioni religiose a nessuno. Da cittadino ragiono su ciò che è meglio per la società e non faccio festa per ciò che ritengo non positivo dal punto di vista sociale e questo è secondo la Costituzione.
Si tratta qui di qualcosa di molto diverso dalle personali scelte di fede: siamo davvero sicuri che la famiglia, fatta da un uomo e una donna che procreano, non debba essere la preoccupazione principale dello Stato e quindi l’istituzione che principalmente e soprattutto deve promuovere? Non ritengo adeguata, anzi fortemente sbagliata, una equiparazione, per quanto riguarda diritti e doveri, tra unioni civili o tra unioni di fatto eterosessuali e matrimonio. Anche se la legge approvata non prevede una formale equiparazione, non risolve per nulla il problema non tenendo conto delle essenziali diversità. Per il resto, spetta allo Stato regolamentare le relazioni tra le persone (con o senza legami affettivi: l’affetto non è soggetto a legislazione) in modo che al loro interno non vengano lesi i diritti fondamentali di ciascuna delle persone coinvolte.
 
Stiamo vivendo un drammatico calo demografico, qualcuno parla “inverno demografico”, compensato solo dal massiccio arrivo di immigrati: dove vogliamo investire le risorse economiche e culturali del Paese? Per coloro che garantiscono la continuità dello Stato e il benessere dei figli, o altrove? Non siamo di fronte a una grave e ideologica miopia sociale quando si antepongono i diritti individuali a quelli fanno crescere la società e che, quindi, creano i presupposti perché i diritti individuali possano essere concretamente soddisfatti?
Rivendicare il diritto all’adozione all’interno delle coppie omosessuali, oltretutto per camuffare una procreazione attraverso l’affitto di un utero (vero e proprio commercio che sfrutta la donna e il suo corpo), non è nascondere dietro parole nobili pratiche molto meno nobili?
Educare naturalmente non significa costringere, ma orientare, cioè offrire le mete migliori nella vita, cosa che ogni buon genitore deve fare. Cosa vogliamo mettere davanti ai nostri ragazzi cercando di educarli alla vita: la famiglia o che cosa? È poi così vero che è indifferente?
 
Trattare diversamente situazioni o relazioni diverse non è fare ingiustizia, all’opposto è proprio quello che la giustizia richiede. Trattare le convivenze libere o le relazioni omosessuali diversamente dal matrimonio (quindi con diritti e doveri diversi) non è fare ingiustizia, all’opposto è ciò che chiede la giustizia. Se lo Stato si preoccupa di promuovere e proteggere i diritti degli individui (o presupposti tali) a scapito della società, alla fine distrugge se stesso e i suoi presupposti. Fare diversamente è una vera sconfitta, per tutti”.
 
*Vescovo
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