Parlando in Ferré, Daniele Di Bonaventura è un Têtes de Bois

 
      E’ l’Extra che mancava nei Festival Ferré. Eppure non era lontano, Di Bonaventura, da qui a casa sua basta stendere tutto il mantice di un normale bandoneon e aggiungere qualche metro.
Quante volte, ai suoi concerti in coppia con Fresu o con altri grandi, l’ho immaginato immerso anche nelle musiche di Ferré, non solo nei canonici tanghi. E quante volte l’ho pensato proprio tra i Têtes de Bois, quando le note si fanno dolcemente anarchiche o da combattimento, musicando foglie morte, o come a Ostenda, a scavare l’incanto della poesia, dell’amore, della politica, della rivolta.
Daniele Di Bonaventura, pure lui fa parte di quello scarso Uno per cento. Ma esiste, e finalmente approda al Ferré. Per adesso senza i Têtes de Bois, senza Andrea Satta & C., i più bravi, affettuosi, scrupolosi, costanti e innovativi interpreti di Leo Ferré. Ma sarà lo stesso un’avventura del Festival, con più sorprese che rischi, l’ennesima scoperta strabiliante. Nei tanghi e oltre. Specie adesso che, chissà, tra le carte e i tesori di Leo, si troveranno tracce di Piazzolla.
Penso, anzi spero, che questo possa essere magari l’inizio di una Suite per bandoneon e Ferré, da inventare e suonare a più riprese.
Tanto Daniele, da Fermo a San Benedetto sa venirci in un lampo, in bicicletta. E pure i Têtes de Bois di biciclette s’intendono, ci fanno i concerti…
 
11. 5. 2016                     PGC
Parlando in Ferré, Daniele Di Bonaventura è un Têtes de BoisDaniele Di Bonaventura
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