la Cia regionale aderisce allo sciopero della semina
Sit-in della Cia Marche davanti alla Prefettura per aderire alla mobilitazione che si sta tenendo su tutto il territorio nazionale.
ANCONA – Mercati al ribasso con prezzi quasi dimezzati rispetto a un anno fa, speculazione selvaggia e import in costante aumento. I produttori di grano della Cia- Confederazione Italiana Agricoltori delle Marche non ci sta e se le quotazioni non tornano a salire, riconoscendo al frumento Made in Italy il giusto valore, farà lo sciopero della semina”. L’annuncio è arrivato dal presidente nazionale della Cia-Agricoltori Italiani Dino Scanavino, oggi (28 giugno) in conferenza stampa a Roma, aprendo ufficialmente la fase di mobilitazione della Confederazione su tutto il territorio nazionale. Presidi, sit-in e blocco delle Borse Merci nelle maggiori città d’Italia per dare un ultimatum rispetto alla campagna di semina 2017, ma anche per fare una proposta al Governo: “Stop alle importazioni di grano per 15/20 giorni, così da ridare fiato agli agricoltori in crisi”. Una delegazione della Cia – Confederazione Italiana Agricoltori delle Marche consegnerà al presidente del Consiglio Matteo Renzi, oggi nelle Marche, un dossier sulla situazione del grano inerente il territorio regionale
Secondo la Cia infatti, per il grano si è andata determinando una situazione paradossale, che ha visto l’immissione nel mercato di ingenti quantità di grano importato proprio nel periodo della trebbiatura, provocando il tracollo dei prezzi e aumentando a dismisura il già ampio divario tra costo del frumento e prezzo del pane e della pasta. Ed è qui che entra il gioco la proposta della Confederazione di bloccare l’import per due o tre settimane, così da permettere lo stoccaggio del grano prodotto e svuotare i silos. Tutto questo in attesa che le azioni annunciate dal governo la scorsa settimana trovino attuazione e i prezzi risalgano.
Se, dunque, gli agricoltori ci perdono, a guadagnarci da questa situazione sono solo le grandi multinazionali che importano grano dall’estero per produrre all’insegna di un’italianità che non è reale, senza preoccuparsi di cosa conterrà la farina e di cosa mangeranno le famiglie. Per questo la Cia propone anche un progetto strutturato di valorizzazione del frumento italiano di qualità, a tutela soprattutto dei consumatori. Oggi 100 chili di frumento valgono quanto 5 chili di pane: un “gap” intollerabile e contro la logica delle cose.
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