Don Robertson “L’uomo autentico”
Per chi ama la prosa secca e diretta della migliore tradizione americana ecco un titolo da non perdere: “L’uomo autentico” di Don Robertson è proprio il tipo di romanzo che nel giro di poche pagine porta il lettore dentro un microcosmo fatto di ostinata ordinarietà, piccole e grandi tragedie familiari, birra che scorre a fiumi. E’ l’America infuocata che tanti libri hanno rappresentato ma che questo libro riesce a rappresentare in modo limpido e naturale.
Ambientato a Houston, Texas, “L’uomo autentico” ha per protagonista un settantenne che dopo aver combattuto in guerra, aver perso un figlio a causa di una meningite spinale e aver sgobbato per anni come camionista, deve sopportare anche la malattia della moglie, che non ne può più di soffrire e gli chiede di ammazzarla. Una drammatica quotidianità tipica del sud, quella di Herman Marshall – questo il nome del protagonista – che sembra andare avanti imperterrita fino alla fine, tra senso di sconfitta, disillusione e un pugno di domande alle quali forse non si riuscirà mai a rispondere. Ed invece “L’uomo autentico” è un romanzo che riserva più di una sorpresa e alla fine le esplosioni arrivano inaspettate e feroci. Se Stephen King nel 1987 pubblicò il libro con la sua piccola casa editrice un motivo ci sarà e, leggendolo ora nella traduzione di Nicola Manuppelli con un’introduzione dello stesso King, non si fa davvero fatica ad intuirlo. “L’effetto di un libro di Robertson è come un incontro di boxe con Cassius Clay qualche decennio fa”, assicura il re del brivido. Dopo aver divorato “L’uomo autentico” non si può che dargli ragione.
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