Valeria Sgarella “Andy Wood. L’inventore del grunge”
Se è vero che ogni occasione è buona per tirare fuori dall’armadio i jeans sdruciti e la vecchia camicia di flanella, questa è un’occasione particolarmente ghiotta. Il consiglio è il seguente: indossate la divisa d’ordinanza, inserite nello stereo uno dei cd acquistati nei primi anni Novanta e sedetevi sul divano a gustarvi il libro che Valeria Sgarella ha dedicato ad una figura fondamentale ma troppo poco celebrata del rock di Seattle. Andrew Wood è stata la prima rockstar del grunge, la cui parabola è precipitata prima ancora dell’uscita dell’album di debutto dei suoi Mother Love Bone; morto per le conseguenze di un’overdose di eroina il 19 marzo del 1990 a soli 24 anni, con Apple, il disco su cui aveva lavorato negli ultimi mesi e per terminare il quale era riuscito a ripulirsi dalla droga, che sarebbe uscito dieci giorni dopo. L’innocenza sulla quale Seattle si è cullata fino a quel momento d’improvviso se n’è andata per sempre.
Dopo di Andy, Kurt Cobain e Layne Staley avrebbero concluso la propria storia in un modo molto simile. A differenza loro, però, Andy non era un leader riluttante e ombroso, anzi. “Nonostante la sua vita abbia avuto un epilogo drammatico, Andy non corrisponde all’immagine del loser”, scrive Sgarella, “al contrario, era un anti-loser. Il suo acume, il suo entusiasmo e la sua ambizione erano come un magnete per l’intera comunità musicale di Seattle”. Aveva studiato tutta la vita per ammaliare le folle, per farsi trovare pronto all’appuntamento con il successo, un cerimoniere dissacrante, deciso a diffondere nel mondo il suo messaggio d’amore. Sembrava per questi aspetti piuttosto alieno rispetto alla stessa scena musicale da cui proveniva: poteva non essere alieno uno che non si faceva remore a indicare come modelli di riferimento Elton John e i Queen? Eppure lui prima di tutti gli altri ha trasformato una città da cui tutti volevano scappare nella capitale della X Generation.
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