dall’Amat

2017-02-06
CIVITANOVA MARCHE, TEATRO ROSSINI GIOVEDÌ 9 FEBBRAIO
MASSIMO DAPPORTO E TULLIO SOLENGHI SONO QUEI DUE
 
 
Una splendida commedia sull’amore, un amore omosessuale che dura per tutta una vita fatto di attenzioni, di cure reciproche, di affetto e naturalmente di continui litigi è in scena giovedì 9 febbraio al Teatro Rossini di Civitanova Marche con Quei due, ovvero Massimo Dapporto e Tullio Solenghi diretti da Roberto Valerio.
 
Lo spettacolo è proposto nella stagione teatrale promossa dal Comune di Civitanova Marche, dall’Azienda Teatri di Civitanova e dall’AMAT, realizzata con il contributo di Regione Marche e Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e con il sostegno di Il Cuore Adriatico Centro Commerciale (main sponsor) e Banca di Credito Cooperativo di Civitanova Marche e Montecosaro (sponsor).
 
Protagonisti dello spettacolo – prodotto da Star Dust Show Productions – sono due uomini di mezza età, Charlie e Harry, di professione barbieri “intrappolati” da circa trent’anni in una barberia londinese situata in un sottoscala dove hanno condiviso gran parte delle loro irrisolte vite. “Un sottoscala dagli echi dostoevskiani – scrive Roberto Valerio nelle note di regia – in cui i protagonisti si torturano reciprocamente senza sosta incapaci di risparmiarsi l’un l’altro fino allo sfinimento, in una quotidianità paralizzante e asfissiante come l’odore di gas che fuoriesce dalla vecchia caldaia e che appesta l’aria del loro negozio. Stanchi della solita routine e delle dinamiche ripetitive e frustranti che caratterizzano la loro vita e la loro relazione, i due uomini si dilaniano a vicenda con incessanti litigi, velenosi battibecchi, ingiurie crudeli e subdole ripicche, infliggendosi in tal modo inutili e continue sofferenze. Eppure Harry e Charlie sono legati indissolubilmente e disperatamente l’uno all’altro da decenni. È forse proprio quell’amore ormai lacero e stantio, ma ancora capace di accendersi e dispiegarsi con calore, l’unica cosa in grado di restituire un senso alla loro tragicomica parabola esistenziale. E così continuano, malgrado tutto, a prendersi teneramente cura l’uno dell’altro forse perché la solitudine è un abisso troppo oscuro e doloroso in cui sprofondare. Due esistenze castrate, mortificate e offese quelle di Harry e Charlie, come quelle di moltissimi altri omosessuali dell’epoca, perseguitati da una legge obsoleta che si perde nel tempo: il Buggery act adottata in Inghilterra per la prima volta nel 1533 e abolita soltanto nel 1967. Senza compromettere la dirompente e amara comicità della commedia, pubblicata nel 1966 e rappresentata per la prima volta nello stesso anno con la regia di Peter Hall, Dyer mostra anche un tetro spaccato della società inglese a lui contemporanea, affrontando tematiche allora scabrose e oggi ancora attualissime. Con un’ironia pungente dal sapore amaro e crudele, si racconteranno sviscerando senza riserve il proprio doloroso vissuto, mostrandosi nudi in tutta la loro sincera, grottesca, fragile, arresa e sopraffatta umanità”.
 
Il testo dello spettacolo è di Charles Dyer, l’adattamento di Massimo Dapporto. Le scene sono di Massimo Bellando Randone, i costumi di Moris Verdiani e le musiche di Brentmont.
 
Informazioni e biglietti: Teatro Rossini 0733 812936. Inizio spettacolo ore 21.15.
DOMENICA 12 FEBBRAIO AL TEATRO DELLA FORTUNA DI FANO
MISTERO BUFFO CON MARIO PIROVANO
 
 
Domenica 12 febbraio il Teatro della Fortuna di Fano ospita alle ore 21 su iniziativa dell’Ente Carnevalesca di Fano, della Fondazione Teatro della Fortuna, dell’AMAT e del Comune di Fano lo spettacolo Mistero buffo di Dario Fo con Mario Pirovano.
 
Riproposto dal ’69 ad oggi in oltre cinquemila allestimenti in Italia e all’estero il titolo è un ‘classico’ del Novecento. Del maestro premio Nobel, Mario Pirovano è, sin dai primi anni ’80 l’erede artistico, e del suo Mistero buffo l’unico interprete autorizzato. «Pirovano – certificava Fo – è un autodidatta di grandi qualità espressive. Per anni è stato ad ascoltare le mie esibizioni, ha assimilato i trucchi e la “sapienza” del mestiere. Non mi faceva il verso, non mi imitava. Dimostrava una propria carica del tutto personale, una grinta di fabulatore di grande talento».
 
Per anni Dario Fo ha condotto ricerche sulla cultura popolare indagando su testi in lingua volgare, in latino ed in lingue neolatine. Li ha tradotti, riscritti, riadattati fino a dar loro una chiave teatrale, sotto forma di giullarate. I giullari recitavano nei mercati, nelle piazze, nei cortili e qualche volta addirittura dentro le chiese. E di giullarate è composto Mistero buffo, il suo spettacolo più famoso, sulle radici del teatro popolare, quello dei giullari, della commedia dell’arte e dei misteri. Il termine “mistero” è usato già nei primi secoli dopo Cristo per indicare una rappresentazione sacra. Un mistero buffo è dunque uno spettacolo grottesco, una rappresentazione che nasce dal popolo, un mezzo di espressione popolare ma anche di provocazione e di agitazione delle idee. La lingua è un particolare insieme di dialetti delle regioni settentrionali e centrali dell’Italia, una lingua sempre perfettamente comprensibile grazie alla forza della gestualità che accompagna la narrazione. Si tratta di un monologo senza scenario, senza musica, senza costumi, che sollecita l’immaginazione e la partecipazione degli spettatori al punto da rendere quasi visibile, sulla scena, una molteplicità di personaggi, di oggetti e di luoghi.
 
Per informazioni e biglietti (posto unico 10 euro) botteghino del Teatro della Fortuna tel. 0721 800750.
 
TEATROLTRE, GIOVEDÌ 9 FEBBRAIO A PESARO LA DANZA DI ROBERTO CASTELLO
 
 
Giovedì 9 febbraio si apre il sipario su TeatrOltre, un palcoscenico per i linguaggi più innovativi realizzato su iniziativa della Fondazione Teatro della Fortuna di Fano, dei Comuni di Pesaro, Urbino, San Costanzo, San Lorenzo in Campo e Urbania con AMAT e il contributo di Regione Marche e Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Il Teatro Sperimentale di Pesaro ospita In girum imus nocte et consumimur igni, un capolavoro in danza di Roberto Castello in collaborazione con la compagnia ALDES che studia con dinamiche toccanti il corpo umano. Uno scabro bianco e nero e una musica ipnotica sono l’ambiente nel quale si inanellano le micro narrazioni di questo peripatetico spettacolo notturno a cavallo fra cinema, danza e teatro. Illuminato dalla fredda luce di un video proiettore che scandisce spazi, tempi e geometrie, il nero profondo dei costumi rende diafani i personaggi e li proietta in un passato senza tempo abitato da un’umanità allo sbando che avanza e si dibatte con una gestualità brusca, emotiva e scomposta, oltre lo sfinimento; mentre il ritmo martellante trasporta poco a poco in una dimensione ipnotica e ad un’empatia quasi fisica con la fatica degli interpreti. ”In girum imus nocte et consumimur igni”, “Andiamo in giro la notte e siamo consumati dal fuoco”, enigmatico palindromo latino dalle origini incerte che già fu scelto come titolo da Guy Debord per un famoso film del 1978, va così oltre la sua possibile interpretazione di metafora del vivere come infinito consumarsi nei desideri, per diventare un’esperienza catartica della sua, anche comica, grottesca fatica.
 
“Gli artisti, si sa, sono avanti di chilometri: esplorano zone sconosciute, che poi noi – critici o presunti tali – proviamo a strutturare, a codificare, a urbanizzare. Capita, allora – scrive Andrea Porcheddu nella presentazione dello spettacolo – che certe creazioni illuminino, in anticipo, quel che siamo o quel che saremo. Danno senso alla faticosa scrittura della nostra autobiografia: ci raccontano quel vivremo. E capiamo di più. A me è capitato con In girum imus nocte et consumimur ingni: lo spettacolo di Roberto Castello e del suo raffinatissimo gruppo ALDES mostra perfettamente la realtà, italiana e non solo. Siamo sfiniti, stanchi, esausti, spersi. Afflitti e avviliti ma non per questo rinunciatari o sconfitti. Quel manipolo di eroi che reiteratamente avanza stando ferma è la perfetta incarnazione di uno stato diffuso. Il misterioso palindromo latino che fa da titolo è lo spunto per un affresco degno di Bosch o di Bruegel che catapulta in un puro medioevo contemporaneo: sono le “tribù” care al filosofo Michel Maffessoli quando, ne L’istante eterno, evoca un ritorno del tragico nel postmoderno. La tragedia di ALDES non è cruenta, anzi: ma è acquisita, introiettata, con-vissuta da un’umanità stanca che continua a marciare inesorabilmente sul posto, a sbattersi e combattersi per una gara senza arrivo. Sono anime in pena, sono pellegrini sfiniti, sono – con folgorante dolore – i migranti d’oggi. I danzatori hanno corpi, volti, mani che raccontano: camminano assillati da una musica che è loop elettronico ossessivo, in un alternarsi di buio e luce scandito da una diafana voce beckettiana che tutto spinge all’assurdo. Ed è la condizione umana, quella che racconta Castello. Il coreografo non condanna; anzi con umanissima empatia evoca momenti di contatto e forse tenerezza, quadri d’insieme in cui il girovagare sembra trovare pace. Ma non ci sono vie di fuga, nella scatola chiusa che è mondo in bianco e nero, tracciato di frammenti (proiettati) come pioggia o graffi, tagli di luce obliqui e claustrofobici, dettagli che soffocano quanto la visione generale. Nella corsa tra gli ultimi, anche chi si salva è perduto.
 
Gli interpreti dello spettacolo sono: Alice Giuliani, Mariano Nieddu, Giselda Ranieri, Stefano Questorio, le luci, la musica e i costumi sono di Roberto Castello. Lo spettacolo è una produzione ALDES con il sostegno di MiBACT/Direzione Generale Spettacolo dal Vivo, Regione Toscana/Sistema Regionale dello Spettacolo.
 
Per informazioni: Teatro Rossini 0721 387621, Teatro Sperimentale 0721 387548 (il giorno di spettacolo 10 – 13 e dalle 17). Inizio spettacolo ore 21.
 
ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI DAVID ANZALONE IN SCENA
MERCOLEDÌ 8 FEBBRAIO A MACERATA FELTRIA
VENERDÌ 10 A CORINALDO E SABATO 11 A RECANATI
 
 
Mercoledì 8 febbraio, alle ore 21.15, nel Teatro Battelli di Macerata Feltria nuovo appuntamento con Teatri d’Autore 2016-‘17. Stagione di Prosa nei Teatri Storici della provincia di Pesaro e Urbino, a cura di Regione Marche, Comuni di Gradara, Macerata Feltria, Mondavio, San Costanzo, San Lorenzo in Campo, Urbania, Amat e Mibact e con il patrocinio di Provincia di Pesaro e Urbino.
Produzione del Centro Teatrale Senigalliese, Arlecchino servitore di due padroni riadattamento del capolavoro goldoniano a cura di David Anzalone e Michele Pagliaroni in programma anche al Teatro Goldoni di Corinaldo il 10 febbraio (info al n 338 6230078– inizio ore 21.15)
 
Teatro Persiani di Recanati l’11 febbraio (ore 21 – informazioni 071 7579445)-, vede in scena un folto manipolo di bravi e giovani attori diretti da un grande maestro di Commedia dell’Arte come Carlo Boso: il celebre e applauditissimo David Anzalone (in arte Zanza), Francesca Berardi, Marco Chiarabini, Erika Giacalone, Teo Guarini, Andrea Milano, Michele Pagliaroni, Arianna Primavera, Guido Targetti.
 
“Nell’affrontare questa nuova edizione dell’Arlecchino servitore di due padroni – scrive il regista Carlo Boso – ho tenuto conto di tre fattori: il primo rispettare la forma drammaturgica utilizzata da Carlo Goldoni, il secondo riattualizzare l’opera inscrivendo l’azione drammatica in un’epoca più contemporanea, terzo far sì che il ruolo del protagonista sia sostenuto da David Anzalone, un attore caratterizzato da particolari capacità motorie. Pertanto abbiamo deciso con David Anzalone e Michele Pagliaroni di situare l’azione in un’Italia che dopo una guerra che l’aveva vista tra i protagonisti “cattivi” si risveglia libera e repubblicana”.
L’idea di mettere in scena un riadattamento de Il servitore di due padroni di Carlo Goldoni significa voler affrontare un’opera-simbolo: per Goldoni rappresentò la conclusione e la sintesi di un fenomeno teatrale-sociale-politico chiamato Commedia dell’Arte che “inventò” il Teatro come mestiere, che segnò la nascita del Teatro Moderno e che fu il seme dal quale nacquero tutte le forme spettacolari a noi oggi conosciute.
Per Giorgio Strehler fu, nell’immediato dopoguerra, la spinta per far rinascere il Teatro Italiano e ridare al popolo il “suo teatro”. La commedia si svolge a Milano nel 1947: le ferite della guerra sono ancora vive e l’Italia è tutta da ricostruire. In casa di Bagnasco, vecchio palazzinaro senza scrupoli, si sta assistendo alla promessa di matrimonio tra sua figlia, Clarice, e Silvio, figlio dell’Onorevole Roma. I due sono innamorati ed è una fortuna che possano promettersi, dato che Calogero Vizzini, notorio mafioso siciliano cui Clarice era destinata, è morto in una lite a causa della sorella di lui, Beatrice. Inaspettatamente, nella scena irrompe proprio Calogero Vizzini, venuto a Milano per incontrare la sua futura sposa. In realtà, colui che si presenta in casa degli allibiti personaggi è Beatrice Vizzini, sorella del defunto in vesti da uomo per poter andare in cerca di Lucky Lucania, boss della mala italoamericana e suo amante, fuggito a Milano in seguito al colpo mortale inferto di sua mano proprio a Calogero. Tutti i personaggi saranno vittime delle bugie e dell’ingordigia del servitore Arlecchino, un reduce della campagna di Russia, che per svincolarsi da situazioni critiche, non fa altro che creare guai su guai. Arlecchino soffre la fame, mente, corteggia, ama, serve contemporaneamente due padroni, pasticcia la trama e la risolve, in un carosello fatto di lazzi, trovate di spirito e colpi di scena.
 
Informazioni per la data di Macerata Feltria: Rete Teatrale della provincia di Pesaro e Urbino 0721 3592515, cell. 366 6305500, il giorno stesso dello spettacolo Biglietteria Teatro Battelli di Macerata Feltria, dalle ore 19, tel. 0722 728204 – cell. 366 6305500.
© 2017, Press Too srl . Riproduzione riservata