Lo sforzo di pesca per il pesce azzurro in Adriatico

 
 
San Benedetto del Tronto – Il piano pluriennale per la gestione degli stock di piccoli pesci nel Mare Adriatico della Comunità Europea descrive una realtà disastrosa.
Mai morte fu così annunciata come quella del pesce azzurro.
Eppure non appena trenta anni fa vennero finanziati impianti per la produzione di farina di pesce vista l’ enorme disponibilità di queste specie.
Solo nel nostro porto siamo passati da una produzione media annua degli anni ’70 di 11.000 tonnellate alle attuali 1000.
Già dal 2012 una denuncia di Greenpeace, Blue Gold in Italy, imputava questa drastica diminuzione di pescato ai dati relativi alle licenze di pesca del pesce azzurro nell’ Adriatico dove viene fuori, ancora una volta, l’ innegabile realtà di un settore non governato da una politica della pesca basata sulla ricerca e sulla sostenibilità della risorsa ma bensì sulla approssimazione , sulla sudditanza ad esigenze di mercato effimere, su una politica associativa corporativa incapace di una visione strategica di lungo respiro.
Infatti negli ultimi due decenni sia con la demolizione di pescherecci per la pesca con le lampare, 22 solo nella flottiglia di Martinsicuro, che con il rilascio di licenze di pesca a coppia, comunemente chiamate “ volante“, si è cercato di diminuire lo sforzo di pesca a strascico incrementando la cattura di pesce azzurro e così pregiudicando ulteriormente lo stock ittico già fortemente depresso
l Governo italiano nel corso degli anni ha di fatto promosso un incremento della pressione di pesca su queste specie nell’ Adriatico permettendo un aumento del numero delle imbarcazioni autorizzate, e della stazza delle stesse, anche grazie all’artificio delle licenze di “pesca sperimentale” che di sperimentale non avevano nulla: una vera e propria flotta fantasma che alla fine è stata “regolarizzata” ed è andata a soppiantare il più tradizionale sistema della “lampara”, con un pescato di notevole qualità e in molti casi sotto al limite delle misure legali .
Complessivamente sono state rilasciate 228 licenze delle quali 205 pari al 90% in Adriatico.
Di queste ultime ben 115 in Alto Adriatico pari al 57%, 47 in Centro Adriatico pari al 23% e 40 in Basso Adriatico pari al 20%.
Una ripartizione senza criterio di sostenibilità se non quello di soddisfare marinerie che dopo aver intaccato le proprie risorse demersali si sono riversate sul pesce azzurro.
Non si è cercato di mutuare esperienze in atto in Europa come in tutto il Mondo di contenimento delle catture in base alla ricerca e alla rilevazione della biomassa seguendo un formulario ormai consolidato.
Sarebbe stato sufficiente informarsi sulle disposizione UE nel Cantabrico dove da cinque anni sono contingentate le catture e grazie alle aziende di trasformazione collegate la materia prima ha raggiunto un’ altissima redditività o i fermi pluriennali nelle coste marocchine o della Namibia.
Così operando e ignorando il grido di allarme proveniente dal mondo ambientalista e dalla ricerca si è intaccato un patrimonio naturale inestimabile, a ragione definito l ”oro blu” , che rappresenta l’ unico pesce massivo del nostro mare e dal quale ha avuto origine un’ industria di lavorazione oggi sofferente per la mancanza di materia prima di idonee dimensioni .
E’ apprezzabile l’ interessamento del consigliere regionale Urbinati a questo problema, finalmente è maturata in lui l’ idea di sostenibilità delle risorse, completamente ignorata nei suoi cinque anni da assessore del Comune sambenedettese.
C’è da sperare che si appassioni anche per le sorti delle altre specie ittiche che stanno correndo gli stessi pericoli, così da dimostrare che anche la Regione Marche ha una politica della pesca e non è solo passacarte dei finanziamenti europei.
Invito che estendo anche agli attuali amministratori comunali di non sprecare i fondi messi a disposizione per i nuovi Flag 2016/2020 per iniziative senza senso.
Nazzareno Torquati
 
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