Jean Echenoz “L’occupazione del suolo”

«Lei li guardava dall’alto, tendeva loro il flacone di profumo Piver, Forvil, sorrideva dentro quindici metri di abito blu. La griglia di una presa d’aria le perforava l’anca. Non c’era altra immagine di lei.»
 
C’è un enorme ritratto murale al centro del racconto L’occupazione del suolo di Jean Echenoz, un ritratto di signora su un vecchio palazzo parigino che diventa ineluttabile memoriale per Fabre e Paul, rispettivamente marito e figlio della donna gigantografata. Sylvie, infatti, muore nell’incendio della sua abitazione e con lei bruciano tutte le sue cose e tutte le sue foto. Di lei non resta che il corpo nascosto in quindici metri di abito blu dell’immagine pubblicitaria nella quale un noto artista l’aveva raffigurata tre anni prima che Paul nascesse. Marito e figlio cercano di mantenere viva la memoria facendo visita al ritratto della donna, nonostante i progetti di edificazione del quartiere rischino continuamente di cancellarla, costruendole attorno nuove palazzine. Ma l’amore conosce il modo di resistere persino davanti a metri di cemento verticale e arriva ad installarsi in un nuovo monolocale proprio sotto gli occhi di Sylvie.
 
L’occupazione del suolo è un piccolo capolavoro, un racconto urbano fatto di prosa evocativa e immagini poetiche, struggenti. Echenoz l’ha pubblicato nel 1988, prima di scrivere i romanzi che l’hanno reso uno dei maggiori scrittori d’Oltralpe. L’editore Galaad, a distanza di trent’anni, pubblica la sua prima traduzione italiana. E’ l’occasione per scoprire un autore già magistrale prima di diventare grande e per ricordarci quanta perfezione può trovare posto nella brevità.
 
 
 
 
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