Eva Cantarella, “Come uccidere il Padre” apre “Non a Voce Sola”

NON A VOCE SOLA 2018 – L’ORDINE SIMBOLICO
APERTURA
MACERATA – PALAZZO BUONACCORSI
4 LUGLIO 2018 – H 18,15
EVA CANTARELLA – COME UCCIDERE IL PADRE
Macerata – Non a Voce Sola, rassegna di letteratura, filosofia, poesia, musica ed arti ritorna con una nuova edizione a illuminare l’estate marchigiana con il suo consueto eppur sempre nuovo dialogo sui generi anche in questo 2018. Come di consueto, la rassegna aprirà i battenti a Macerata presso Palazzo Buonaccorsi, il 4 Luglio alle ore 18,00, inaugurando il suo nuovo fil rouge, l’Ordine Simbolico, con un’ospite d’eccezione, ovvero la giurista e storica dell’antichità Eva Cantarella, coadiuvata dalla presentazione della scrittrice Lucia Tancredi.
Quest’anno la rassegna ha deciso di dedicare la sua appassionata ricerca di dialogo fra i generi al tema dell’Ordine Simbolico, soprattutto inteso al femminile. Esso è stato studiato, declinato e teorizzato da filosofe e studiose del calibro di Luisa Muraro, Chiara Saraceno, Alessandra Bocchetti e Adriana Cavarero, come quel complesso di idee di sé e di rapporti gerarchici fra esse che designano l’individuo e il suo genere, in questo caso quello femminile, all’interno della cultura di una società. I simboli del femminile nelle culture delle società patriarcali e post-patriarcali sono spesso depersonalizzati da quelli maschili, che li riducono a semplice negazione o diversificazione in relazione al maschio/maschile dominante. Le donne che vivono in queste culture spesso vengono spossessate del riconoscimento della loro capacità generativa, che viene ridotta a mera incubazione e riproduzione di ciò che il maschio ha realmente prodotto, e le loro figlie sono, a livello di capacità di produrre significati simbolici che le possano identificare nell’ordine simbolico della società di appartenenza, completamente incapaci di essere, di parlare di sé con terminologia propria e quindi esseri completamente sterili e inermi nella cultura e nella tradizione della propria comunità.

Eva Cantarella lo sa bene, perché è stata la prima a cercare di capire storicamente da dove questo gap delle attuali generazioni di donne provenisse. Nata a Roma nel 1936, naturalizzata milanese, ha studiato Giurisprudenza tra Milano, Berkley ed Heidelberg. Docente di Diritto Greco e Romano a Camerino, Pavia, Parma, Austin, New York ed infine Milano, dove è rimasta fino al pensionamento nel 2010, è stata anche attivista per l’abolizione del Delitto d’Onore, insignita dell’onoreficenza a Grande ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, e scrittrice di saggi sulla condizione femminile dell’antichità, tra cui i celeberrimi L’Ambiguo Malanno: Condizione e immagine della donna nell’antichità greca e romana, Passato Prossimo: Donne Romane da Tacita a Sulpicia, Tacita Muta: la donna nella città antica, Le donne e la città. Per una storia della condizione femminile, L’amore è un Dio: il sesso e la polis, Dammi mille baci: veri uomini e vere donne della Roma Antica, e La Vita delle Donne per la Storia di Roma della Einaudi.
 
Il suo ultimo libro, Come uccidere il Padre, parla proprio di ordine simbolico nella società patriarcale e di giovani generazioni alle prese con esso. Paul Veyne diceva che il parricidio era l’ossessione di tutti i giovani romani che, a livello legale, rimanevano nello status di minori fino alla morte del padre. Alle giovani non andava meglio, le quali rimanevano giuridicamente minorenni fino a che un parente maschio era in vita o finché, all’epoca di Augusto, non partorivano almeno quattro figli all’impero. Nell’ordine simbolico della società antica i giovani contavano ben poco, assimilati concettualmente sempre al padre che su di loro poteva alzare la manus, simbolo di proprietà, e della capacità di sposare, uccidere e/o vendere la prole il bene della città. I nostri giovani non se la passano meglio, dipendenti, mutatis mutandis, in tutto e per tutto da padri e nonni, visti come fannulloni e incapaci se non riescono a inserirsi nella società esattamente come i gerontocrati si aspettano, vivono un momento culturale difficile, dove devono crearsi uno spazio non solo effettivo, ma anche simbolico a loro misura, come a loro tempo, dovettero fare i giovani romani.
Questo e molto di più sarà l’intervento di Eva Cantarella, coadiuvata dalla presentazione della scrittrice pugliese, naturalizzata maceratese, Lucia Tancredi, che di lei dice: “Alla scuola di filosofia si apprende l’importanza del cominciare. Il filosofo si mette al riparo dal dominio capriccioso della realtà stabilendo un punto di partenza logico che lo ponga al di sopra del suo essere naturale. Eppure c’è un altro cominciamento, anteriore alla filosofia, o, forse parallelo ad esso ed è quello simbolico, attraverso il quale gli uomini hanno ritualizzato la realtà stilizzandola in forme e parole, sottraendosi al disordine e alla casualità degli eventi. I simboli, con il tempo, spesso celati e mutati, hanno condizionato l’immaginario collettivo ed il vissuto. La madrina di questa nuova edizione di Non a Voce Sola, Eva Cantarella, giurista, storica, studiosa di fama internazionale, ci aiuterà a risalire all’origine della civiltà e della lingua latina, rintracciando nel tessuto della vita materiale, dei costumi, così come delle leggi e delle istituzioni, le linee guida di un itinerario simbolico attraverso il quale gli uomini e le donne hanno posto le fondamenta del vivere civile, dei legami sociali e culturali. L’ultimo saggio della studiosa Come uccidere il padre, in particolare, si soffermerà sulle ambiguità del sistema patriarcale romano nel quale non solo le donne, ma anche gli uomini, hanno fatto fatica ad individuarsi e legittimare una reale indipendenza.”
La direttrice artistica Oriana Salvucci ha così Illustrato l’inizio della nona edizione di Non a Voce Sola: ” Un nuovo viaggio, non il viaggio come risolvimento della contingenza, ma il viaggio come un andare incontro all’ignoto, al mistero. Il viaggio come avventura, come ricerca, come orizzonte aperto e stellare. E’ questa la mia definizione di rassegna e in particolare per Non a Voce Sola. Come ogni anno l’apertura è a Macerata, come ogni anno è con Lucia Tancredi che ho deciso il fil rouge della rassegna e più che una guida, il fil rouge di quest’anno, l’ordine simbolico, sembra una sfida, una provocazione. L’ordine simbolico è il modo che ha una cultura di interpretare e ordinare la realtà e ciò ha come conseguenza che il nascere da corpi sessuati immette immediatamente in un sistema di significati, di attribuzioni, di aspettative, ma anche di vincoli, divieti e prescrizioni. Nasciamo al mondo già con un destino che nulla a che fare con quello che sono i nostri desideri, le nostre aspettative, il nostro bisogno di senso. L’ordine simbolico è anche quello che stabilisce ciò che ci si deve aspettare da un sesso e come debbano essere modellati i rapporti fra i generi. E’ sempre l’ordine simbolico a stabilire la gerarchia fra i sessi, l’uomo è universale, verticale, dominante, la donna è inferiore, sottomessa, docile, compiacente. L’ordine simbolico non è l’ordine naturale delle cose, ma determinato dalla cultura ed implica un rapporto diretto con l’ordine sociale. La donna nell’alveo dell’ordine simbolico maschile non ha parola, non ha esistenza, o piuttosto esiste in funzione dell’uomo. Non è , quindi casuale la domanda che Luisa Muraro esplicita nel suo libro, l’Ordine simbolico della madre, quando si chiede: “Come è possibile divenire donna in un mondo dominato dall’ordine simbolico maschile? che è come dire come può la donna pensare ed essere in un mondo che non riconosce la sua esistenza? L’ordine simbolico maschile opera un’azione di rimozione della donna come essere libero e pensante, come soggetto capace di generare una visione del mondo e del sè. E’ dal materno come forza generativa che, Luisa Muraro, inizia a rifondare un ordine che tenga conto dell’esistenza e dell’esperienza delle donne, un ordine che abbia come fondamento la madre, poichè saper amare la madre fa ordine simbolico e, sempre citando la Muraro, “la riconoscenza verso la madre è il primo atto di un guadagno di significato di sè nel mondo e il primo passo per costituirsi come soggetto libero di formulare giudizi e pronunciare interpretazioni”. Da Luisa Muraro e dall’identità narrabile di Adriana Cavarero è scaturito il fil rouge del 2018 e non poteva che essere la giurista e storica Eva Cantarella la nostra prima ospite con il suo emblematico libro: Come uccidere il padre. In un’epoca in cui tanti filosofi lamentano l’evaporazione della figura paterna, questo libro controcorrente è sicuramente un buon modo per iniziare un percorso. La nota giurista inizia la sua disamina dall’antica Roma ove la famiglia era il baluardo della saldezza dello Stato, e la patria potestà non cessava con il compimento della maggiore età , come nel mondo greco, ma solo dopo la morte del padre. Il pater familias aveva potere di vita e di morte su tutti i componenti della famiglia, poteva anche vendere i propri figli. Di conseguenza il parricidio come scrive Paul Veyne , era una vera e propria nevrosi nazionale. I conflitti generazionali, pertanto, non sono una invenzione della modernità, ma hanno radici antiche e solide. Tanti sono gli interrogativi che possono sorgere da queste sorprendenti scoperte altri ne abbiamo in serbo. Dobbiamo rimpiangere il sistema patriarcale con le sue regole ferree, con i suoi dettami precisi e i ruoli ben definiti per uomini e donne, e un destino già segnato ? Dobbiamo trionfalisticamente gioire per la fine di un ordine simbolico repressivo nei confronti degli uomini, ma soprattutto nei confronti delle donne considerate deboli, condiscendenti, passive, inferiori ? O, invece, accettarne l’eredità? E un ordine simbolico che prevede l’inferiorità di un sesso rispetto all’altro ha una eredità da lasciare?”.
Lucia Tancredi, ospite insieme alla Cantarella dell’appuntamento maceratese, così commenta:
Alla scuola di filosofia si apprende l’importanza del cominciare. Il filosofo si mette al riparo dal dominio capriccioso della realtà stabilendo un punto di partenza logico che lo ponga al di sopra del suo essere naturale. Eppure c’è un altro cominciamento, anteriore alla filosofia, o , forse parallelo ad esso ed è quello simbolico, attraverso il quale gli uomini hanno ritualizzato la realtà stilizzandola in forme e parole, sottraendosi al disordine e alla casualità degli eventi. I simboli, con il tempo, spesso celati e mutati, hanno condizionato l’immaginario collettivo ed il vissuto. La madrina di questa nuova edizione di Non a Voce Sola, Eva Cantarella, giurista, storica, studiosa di fama internazionale, ci aiuterà a risalire all’origine della civiltà e della lingua latina, rintracciando nel tessuto della vita materiale, dei costumi, così come delle leggi e delle istituzioni, le linee guida di un itinerario simbolico attraverso il quale gli uomini e le donne hanno posto le fondamenta del vivere civile, dei legami sociali e culturali. L’ultimo saggio della studiosa “Come uccidere il padre”, in particolare, si soffermerà sulle ambiguità del sistema patriarcale romano nel quale non solo le donne, ma anche gli uomini, hanno fatto fatica ad individuarsi e legittimare una reale indipendenza.
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Eva Cantarella, “Come uccidere il Padre” apre “Non a Voce Sola”

NON A VOCE SOLA 2018 – L’ORDINE SIMBOLICO
APERTURA
MACERATA – PALAZZO BUONACCORSI
4 LUGLIO 2018 – H 18,15
EVA CANTARELLA – COME UCCIDERE IL PADRE
Macerata – Non a Voce Sola, rassegna di letteratura, filosofia, poesia, musica ed arti ritorna con una nuova edizione a illuminare l’estate marchigiana con il suo consueto eppur sempre nuovo dialogo sui generi anche in questo 2018. Come di consueto, la rassegna aprirà i battenti a Macerata presso Palazzo Buonaccorsi, il 4 Luglio alle ore 18,00, inaugurando il suo nuovo fil rouge, l’Ordine Simbolico, con un’ospite d’eccezione, ovvero la giurista e storica dell’antichità Eva Cantarella, coadiuvata dalla presentazione della scrittrice Lucia Tancredi.
Quest’anno la rassegna ha deciso di dedicare la sua appassionata ricerca di dialogo fra i generi al tema dell’Ordine Simbolico, soprattutto inteso al femminile. Esso è stato studiato, declinato e teorizzato da filosofe e studiose del calibro di Luisa Muraro, Chiara Saraceno, Alessandra Bocchetti e Adriana Cavarero, come quel complesso di idee di sé e di rapporti gerarchici fra esse che designano l’individuo e il suo genere, in questo caso quello femminile, all’interno della cultura di una società. I simboli del femminile nelle culture delle società patriarcali e post-patriarcali sono spesso depersonalizzati da quelli maschili, che li riducono a semplice negazione o diversificazione in relazione al maschio/maschile dominante. Le donne che vivono in queste culture spesso vengono spossessate del riconoscimento della loro capacità generativa, che viene ridotta a mera incubazione e riproduzione di ciò che il maschio ha realmente prodotto, e le loro figlie sono, a livello di capacità di produrre significati simbolici che le possano identificare nell’ordine simbolico della società di appartenenza, completamente incapaci di essere, di parlare di sé con terminologia propria e quindi esseri completamente sterili e inermi nella cultura e nella tradizione della propria comunità.

Eva Cantarella lo sa bene, perché è stata la prima a cercare di capire storicamente da dove questo gap delle attuali generazioni di donne provenisse. Nata a Roma nel 1936, naturalizzata milanese, ha studiato Giurisprudenza tra Milano, Berkley ed Heidelberg. Docente di Diritto Greco e Romano a Camerino, Pavia, Parma, Austin, New York ed infine Milano, dove è rimasta fino al pensionamento nel 2010, è stata anche attivista per l’abolizione del Delitto d’Onore, insignita dell’onoreficenza a Grande ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, e scrittrice di saggi sulla condizione femminile dell’antichità, tra cui i celeberrimi L’Ambiguo Malanno: Condizione e immagine della donna nell’antichità greca e romana, Passato Prossimo: Donne Romane da Tacita a Sulpicia, Tacita Muta: la donna nella città antica, Le donne e la città. Per una storia della condizione femminile, L’amore è un Dio: il sesso e la polis, Dammi mille baci: veri uomini e vere donne della Roma Antica, e La Vita delle Donne per la Storia di Roma della Einaudi.
 
Il suo ultimo libro, Come uccidere il Padre, parla proprio di ordine simbolico nella società patriarcale e di giovani generazioni alle prese con esso. Paul Veyne diceva che il parricidio era l’ossessione di tutti i giovani romani che, a livello legale, rimanevano nello status di minori fino alla morte del padre. Alle giovani non andava meglio, le quali rimanevano giuridicamente minorenni fino a che un parente maschio era in vita o finché, all’epoca di Augusto, non partorivano almeno quattro figli all’impero. Nell’ordine simbolico della società antica i giovani contavano ben poco, assimilati concettualmente sempre al padre che su di loro poteva alzare la manus, simbolo di proprietà, e della capacità di sposare, uccidere e/o vendere la prole il bene della città. I nostri giovani non se la passano meglio, dipendenti, mutatis mutandis, in tutto e per tutto da padri e nonni, visti come fannulloni e incapaci se non riescono a inserirsi nella società esattamente come i gerontocrati si aspettano, vivono un momento culturale difficile, dove devono crearsi uno spazio non solo effettivo, ma anche simbolico a loro misura, come a loro tempo, dovettero fare i giovani romani.
Questo e molto di più sarà l’intervento di Eva Cantarella, coadiuvata dalla presentazione della scrittrice pugliese, naturalizzata maceratese, Lucia Tancredi, che di lei dice: “Alla scuola di filosofia si apprende l’importanza del cominciare. Il filosofo si mette al riparo dal dominio capriccioso della realtà stabilendo un punto di partenza logico che lo ponga al di sopra del suo essere naturale. Eppure c’è un altro cominciamento, anteriore alla filosofia, o, forse parallelo ad esso ed è quello simbolico, attraverso il quale gli uomini hanno ritualizzato la realtà stilizzandola in forme e parole, sottraendosi al disordine e alla casualità degli eventi. I simboli, con il tempo, spesso celati e mutati, hanno condizionato l’immaginario collettivo ed il vissuto. La madrina di questa nuova edizione di Non a Voce Sola, Eva Cantarella, giurista, storica, studiosa di fama internazionale, ci aiuterà a risalire all’origine della civiltà e della lingua latina, rintracciando nel tessuto della vita materiale, dei costumi, così come delle leggi e delle istituzioni, le linee guida di un itinerario simbolico attraverso il quale gli uomini e le donne hanno posto le fondamenta del vivere civile, dei legami sociali e culturali. L’ultimo saggio della studiosa Come uccidere il padre, in particolare, si soffermerà sulle ambiguità del sistema patriarcale romano nel quale non solo le donne, ma anche gli uomini, hanno fatto fatica ad individuarsi e legittimare una reale indipendenza.”
La direttrice artistica Oriana Salvucci ha così Illustrato l’inizio della nona edizione di Non a Voce Sola: ” Un nuovo viaggio, non il viaggio come risolvimento della contingenza, ma il viaggio come un andare incontro all’ignoto, al mistero. Il viaggio come avventura, come ricerca, come orizzonte aperto e stellare. E’ questa la mia definizione di rassegna e in particolare per Non a Voce Sola. Come ogni anno l’apertura è a Macerata, come ogni anno è con Lucia Tancredi che ho deciso il fil rouge della rassegna e più che una guida, il fil rouge di quest’anno, l’ordine simbolico, sembra una sfida, una provocazione. L’ordine simbolico è il modo che ha una cultura di interpretare e ordinare la realtà e ciò ha come conseguenza che il nascere da corpi sessuati immette immediatamente in un sistema di significati, di attribuzioni, di aspettative, ma anche di vincoli, divieti e prescrizioni. Nasciamo al mondo già con un destino che nulla a che fare con quello che sono i nostri desideri, le nostre aspettative, il nostro bisogno di senso. L’ordine simbolico è anche quello che stabilisce ciò che ci si deve aspettare da un sesso e come debbano essere modellati i rapporti fra i generi. E’ sempre l’ordine simbolico a stabilire la gerarchia fra i sessi, l’uomo è universale, verticale, dominante, la donna è inferiore, sottomessa, docile, compiacente. L’ordine simbolico non è l’ordine naturale delle cose, ma determinato dalla cultura ed implica un rapporto diretto con l’ordine sociale. La donna nell’alveo dell’ordine simbolico maschile non ha parola, non ha esistenza, o piuttosto esiste in funzione dell’uomo. Non è , quindi casuale la domanda che Luisa Muraro esplicita nel suo libro, l’Ordine simbolico della madre, quando si chiede: “Come è possibile divenire donna in un mondo dominato dall’ordine simbolico maschile? che è come dire come può la donna pensare ed essere in un mondo che non riconosce la sua esistenza? L’ordine simbolico maschile opera un’azione di rimozione della donna come essere libero e pensante, come soggetto capace di generare una visione del mondo e del sè. E’ dal materno come forza generativa che, Luisa Muraro, inizia a rifondare un ordine che tenga conto dell’esistenza e dell’esperienza delle donne, un ordine che abbia come fondamento la madre, poichè saper amare la madre fa ordine simbolico e, sempre citando la Muraro, “la riconoscenza verso la madre è il primo atto di un guadagno di significato di sè nel mondo e il primo passo per costituirsi come soggetto libero di formulare giudizi e pronunciare interpretazioni”. Da Luisa Muraro e dall’identità narrabile di Adriana Cavarero è scaturito il fil rouge del 2018 e non poteva che essere la giurista e storica Eva Cantarella la nostra prima ospite con il suo emblematico libro: Come uccidere il padre. In un’epoca in cui tanti filosofi lamentano l’evaporazione della figura paterna, questo libro controcorrente è sicuramente un buon modo per iniziare un percorso. La nota giurista inizia la sua disamina dall’antica Roma ove la famiglia era il baluardo della saldezza dello Stato, e la patria potestà non cessava con il compimento della maggiore età , come nel mondo greco, ma solo dopo la morte del padre. Il pater familias aveva potere di vita e di morte su tutti i componenti della famiglia, poteva anche vendere i propri figli. Di conseguenza il parricidio come scrive Paul Veyne , era una vera e propria nevrosi nazionale. I conflitti generazionali, pertanto, non sono una invenzione della modernità, ma hanno radici antiche e solide. Tanti sono gli interrogativi che possono sorgere da queste sorprendenti scoperte altri ne abbiamo in serbo. Dobbiamo rimpiangere il sistema patriarcale con le sue regole ferree, con i suoi dettami precisi e i ruoli ben definiti per uomini e donne, e un destino già segnato ? Dobbiamo trionfalisticamente gioire per la fine di un ordine simbolico repressivo nei confronti degli uomini, ma soprattutto nei confronti delle donne considerate deboli, condiscendenti, passive, inferiori ? O, invece, accettarne l’eredità? E un ordine simbolico che prevede l’inferiorità di un sesso rispetto all’altro ha una eredità da lasciare?”.
Lucia Tancredi, ospite insieme alla Cantarella dell’appuntamento maceratese, così commenta:
Alla scuola di filosofia si apprende l’importanza del cominciare. Il filosofo si mette al riparo dal dominio capriccioso della realtà stabilendo un punto di partenza logico che lo ponga al di sopra del suo essere naturale. Eppure c’è un altro cominciamento, anteriore alla filosofia, o , forse parallelo ad esso ed è quello simbolico, attraverso il quale gli uomini hanno ritualizzato la realtà stilizzandola in forme e parole, sottraendosi al disordine e alla casualità degli eventi. I simboli, con il tempo, spesso celati e mutati, hanno condizionato l’immaginario collettivo ed il vissuto. La madrina di questa nuova edizione di Non a Voce Sola, Eva Cantarella, giurista, storica, studiosa di fama internazionale, ci aiuterà a risalire all’origine della civiltà e della lingua latina, rintracciando nel tessuto della vita materiale, dei costumi, così come delle leggi e delle istituzioni, le linee guida di un itinerario simbolico attraverso il quale gli uomini e le donne hanno posto le fondamenta del vivere civile, dei legami sociali e culturali. L’ultimo saggio della studiosa “Come uccidere il padre”, in particolare, si soffermerà sulle ambiguità del sistema patriarcale romano nel quale non solo le donne, ma anche gli uomini, hanno fatto fatica ad individuarsi e legittimare una reale indipendenza.
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