Mam, Museo d’Arte sul Mare: la storia – 3

TUTTE LE OPERE DEL MAM E LA LORO STORIA – 3
di Piernicola Cocchiaro
 
San Benedetto del Tronto,  2018-10-09 – Pubblicazione in ordine cronologico, delle schede contenenti le foto di tutte le opere presenti nel MAM, realizzate anno per anno, a partire dal 1996 e della loro storia.
Le foto sono tratte dal catalogo del Festival dell’Arte sul Mare 2018, realizzato da Fabrizio Mariani, mentre la storia e’ tratta dal libro “Cercavo proprio te” di Piernicola Cocchiaro.
Scultura Viva 1998
“Devo fare un bel figlio….”
Quell’anno fu anche importante politicamente, perchè fu il primo anno del secondo mandato del Sindaco Paolo Perazzoli che diede il via nel 1996 a Scultura Viva. Egli fu rieletto con una grande maggioranza di voti e in quell’anno la sua passione per l’arte lo spinse addirittura ad incontrarsi a Torino con Ugo Nespolo, che arricchì la città con tre sue sculture. La prima, di circa 7 metri di altezza in acciao colorato, fu collocata all’inizio del lungomare e da quell’anno è diventata meta obbligata per i turisti che visitano San Benedetto del Tronto. Le altre due, in bronzo smaltato, furono posizionate nel 1999 al centro in una fontana del corso principale della città e sulla facciata di ingresso del Comune.
In aggiunta all’opera di Nespolo, l’amministrazione Perazzoli acquisì sempre nel 1999 anche un bronzo di Enrico Bay, uno degli artisti italiani più famosi al mondo, uno di Salvo, uno dell’americano Kostabi, ed una scultura di Consorti, che oggi insieme alla fontana di Nespolo fanno sfoggio di se nel salotto buono cittadino. Perazzoli ebbe in pratica il coraggio e la lungimiranza di aprire San Benedetto all’arte di qualità e di indicare una direzione che sfortunatamente però non è stata poi seguita dalle amministrazioni successive.
In quell’aria “artistica” che comunque già si respirava quell’anno a San Benedetto, anche “Scultura Viva” fece la sua bella figura con le otto opere realizzate durante la sua terza edizione e con esse il molo sud, in virtù delle 24 opere scultoree ormai presenti, iniziò a perdere l’immagine di semplice diga foranea per appropriarsi invece di quella di galleria d’arte all’aperto.
Quell’anno Melloni fece partecipare, come già detto, due soli italiani su una rosa di otto scultori, Paolo Sighinolfi e Carmen Tornabuoni. Gli altri sei erano tutti stranieri come l’olandese Karin Van Ommeren, il belga Fabrice Pierot, l’austriaca Elisabeth Juan, la svedese Barbro Hedstroem , l’inglese david Hensel e il portoghese Joao Antero.
Joao arrivò con un giorno di ritardo rispetto agli altri, dovuto ai suoi impegni scolastici, essendo professore all’Accademia di belle arti di Lisbona. Quando arrivò, anzicchè affrettarsi a scegliere il blocco di travertino che avrebbe scolpito, per recuperare il ritardo sugli altri, incominciò a passeggiare su e giù per il molo, in maniera nervosa, sedendosi più volte davanti ad alcuni blocchi e fissandoli per minuti e minuti.
La mattina del suo arrivo la passò così, senza alcun risultato pratico, o così sembrava e lo stesso fu per il pomeriggio, quando Antero ritornò dal pranzo in albergo, fortunatamente questa volta vicino. Il pomeriggio infatti fu la copia esatta della mattina e lui continuò ad andare su e giù lungo il tratto di molo dove si sarebbe svolta “Scultura Viva”, senza decidere quale blocco scegliere per realizzare la sua scultura.
La mattina dopo non ce la feci a resistere ed allora gli chiesi cosa stesse aspettando per decidere quale blocco scolpire e lui in un misto di italiano e portoghese mi disse: “ Devo fare un bel figlio e dunque devo cercare una buona madre!”, dove naturalmente “figlio” significava scultura e “madre” voleva dire pietra. A mio parere non fece proprio una bella scelta e inoltre debbo dire che “il suo bel figlio” lasciò molto a desiderare a bellezza.
La svedese Barbro, una bella donna statuaria, a differenza degli altri, fece un lavoro molto semplice, che finì in circa tre giorni, quasi come quello che l’anno prima aveva fatto l’argentino Federico Brook e passò il resto delle giornate a prendere il sole distesa sugli scogli del molo sud insieme alla sua bellissima figlia.
L’inglese, l’austriaca, l’olandese e il belga fecero delle opere interessanti, ma secondo il mio parere un pò prive di forza o se vogliamo personalità, mentre invece i due italiani realizzarono due sculture “prepotenti”. La Tornabuoni fece un bellissimo albero con la chioma sferzata dal vento, mentre Sighinolfi scolpì due delfini che giocavano roteando. Uno dei due era più plastico, ad altorilievo e l’altro più basso e meno visibile.
La scultura non era molto curata nei particolari, anzi era un pò grezza in massima parte, ma il dinamismo che Sighinolfi riuscì ad infondere al corpo appena sbozzato del delfino che si stava tuffando, realizzato ad altorilievo, era sufficiente per renderla bella e attrattiva.
Quell’anno alla cerimonia di chiusura, insieme al Sindaco Paolo Perazzoli venne anche il nuovo vicesindaco che si chiamava Giovanni Gaspari e che sarebbe stato poi molto importante negli anni a seguire per il futuro della manifestazione.
Tra i presenti oltre alle autorità e ai più stretti collaboratori di Scultura Viva, c’era anche Nelson Sulpizi, proprietario dell’Hotel Nelson di San Benedetto in cui erano ospiti quell’anno gli otto artisti e dove per anni, fortunatamente, sarebbero stati ospitati gli altri. L’Associazione Albergatori “Riviera delle Palme” aveva capito il problema della distanza dell’albergo dal luogo di lavoro e quell’anno chiese ai soli associati di San Benedetto chi fosse disponibile ad ospitare gli artisti. Fortunatamente rispose Nelson. Continua  MAM, Museo d’Arte sul Mare
© 2018, Redazione. All rights reserved.