Mam, Museo d’Arte sul Mare: la storia – 7

LE OPERE DEL MAM E LA LORO STORIA – 7
di Piernicola Cocchiaro
 
 
 
San Benedetto del Tronto, 2018-10-14 – Un nuovo post contenente le foto delle opere del MAM realizzate durante la settima edizione di “Scultura Viva”, nel 2002 e la loro storia.
Le foto sono tratte dal catalogo del Festival dell’Arte sul Mare 2018, realizzato da Fabrizio Mariani, mentre la storia e’ tratta dal libro “Cercavo proprio te” di Piernicola Cocchiaro.

Il budget ridotto, le piante grasse e il solito eroe nascosto
Quella del 2002 fu l’edizione dell’euro. Dal primo gennaio del 2002, l’Italia aveva infatti perso la lira e aveva guadagnato invece la nuova moneta europea. Ogni euro sarebbe dovuto valere quasi duemila lire, ma, non ho mai capito perchè, praticamente un euro sostituì invece le mille lire. Così, secondo questa logica, i vecchi quindici milioni che in precedenza avevano finanziato “Scultura Viva”, automaticamente sarebbero dovuti diventare quindicimila euro, ma non fu così, perche’ i timori che avevo avuto l’anno precedente, dopo la vittoria del centrodestra, in qualche modo presero forma quell’anno.
Di solito, nella vita politica, quando una minoranza, vince le elezioni e diventa maggioranza, cerca più o meno sempre di “rivedere” il programma della precedente amministrazione e allora, preoccupato da questo mio pensiero, durante il precedente autunno, mi incontrai con il nuovo sindaco ed il nuovo assessore alla cultura, per avere rassicurazioni sul futuro di “Scultura Viva”.
“Scultura Viva potrà andare avanti senza problemi!” mi rispose Bruno Gabrielli, assessore alla cultura, “ma il prossimo anno dobbiamo ridurre il budget e dobbiamo portarlo a dieci milioni”.
La cosa mi gelò, anche se devo dire onestamente che ero preparato a sentire qualcosa del genere e nei mesi successivi, mi creò non pochi problemi. Fui tentato di ridurre il numero dei partecipanti, per rientrare nel nuovo budget, ma questo significava passare dagli otto invitati a massimo cinque e certamente non era una buona soluzione. Cercai di trovare degli sponsors, ma 5.000 euro erano veramente tanti e nonostante le varie banche locali che contattai continuassero a sottolineare il loro apprezzamento per “Scultura Viva” e a ripetere in coro che loro lavoravano per lo sviluppo culturale del territorio, non riuscii ad avere altro che una promessa di 500 euro di contributo. La Fondazione Carisap di Ascoli Piceno invece mi concesse 1.000 euro che si aggiunsero agli usuali 1.500 della Provincia. In pratica eravamo arrivati a 13.000 euro e grazie all’aiuto della tipografia e di un paio di sponsor privati, riuscii comunque a raggiungere i 15.000 euro necessari e a far tenere la settima edizione di “Scultura Viva”.
L’anno dopo, per i mancanti 2.000 euro, mi venne invece in aiuto Ivano Pennesi, proprio lui, l’artefice della nascita di Scultura viva che, dopo la parentesi amministrativa in qualità di assessore al turismo, si dedicò alla vita politica e in quel periodo faceva parte del consiglio della Coop Adriatica, che l’anno prima, aveva aperto a Porto d’Ascoli il Centro Porto Grande. Ivano riuscì a coinvolgere il presidente della Coop Adriatica e ad ottenere per “Scultura Viva” un contributo di 2.000 euro che poi si sarebbe ripetuto annualmente fino al 2005.
Tutto quindi rimase come prima quell’anno e Carlo Melloni invitò otto scultori tra nazionali ed internazionali. In effetti però una piccola novità ci fu e fu il fatto che decidemmo insieme di invitare da quell’anno a Scultura Viva, uno scultore locale, che in qualche modo rappresentasse il fermento artistico di cui era ricca l’intera zona intorno a San Benedetto.
Così, come artista locale, partecipò Emidio Sturba e insieme a lui parteciparono gli italiani Fernando Caciorgna, Emanuela Camucci, Ugo Antinori e il greco Dionisis Geralymatos, lo spagnolo Roberto Mansano, il tedesco Jorg Plickat e infine il coreano Baik Wun Jai.
Emanuela fu dunque l’unica donna del gruppo, ma non si fece intimorire dagli scultori maschi e realizzò un’opera molto originale che rappresentava gocce di acqua giganti su una superficie curva e liscia. Anche lo spagnolo scolpì un’opera originale e molto bella e il suo blocco di travertino, quasi fosse burro, sembrava sciogliersi al sole e addirittura gocciolare. Lo stesso Sturba e il greco Dionisis parteciparono a questa specie di piccola gara dell’originalità, realizzando il primo un bassorilievo che rappresentava delle onde, arricchito da piccole chiazze di mosaico azzurro che gli davano una certa vivacità ed il secondo, una mano gigante con l’indice ed il pollice che stringevano un paio di eleganti fiori fatti di filo di acciaio.
L’opera però più originale fu senza dubbio quella di Ugo Antinori che andò oltre ogni immaginazione. Egli realizzò sulla parte superiore di un blocco che aveva trattato geometricamente, una piccola vasca per la raccolta dell’acqua piovana e vicino, un pò più in alto, un’altra vasca che voleva essere una sorta di grande vaso, che riempì di terra e nel quale piantò delle piccole piante grasse di vario genere.
Il risultato naturalmente fu di grande effetto, ma tutto quel bel verde di Ugo, quei fiori fatti di fili di acciaio di Dionisis e tutte quelle cose che erano facili rompere, fecero troppo gola al vandalo seriale che abbiamo già conosciuto e che quella volta, a differenza delle precedenti, colpì una prima volta in meno di 24 ore, non dandomi nemmeno il tempo di fotografare nella sua completezza e cioè con i fiori di acciaio, la scultura del greco ed una seconda volta qualche giorno dopo.
Quando tornò per colpire ancora, portò via anche le piante grasse di Ugo, ruppe la sommità della goccia della scultura di Mansano e dalla scultura del coreano asportò un uccellino che era incastonato in una nicchia quadrata realizzata in alto sulla sua parte sinistra.
Fu allora che pensai che tutto quello fosse opera di un unico vandalo seriale fortemente malato, perchè non potei e non posso ancora credere che a San Benedetto esistano così tanti imbecilli. Fortunatamente, le altre sculture rimasero intatte, proprio perchè, come ho già avuto modo di dire, piuù difficili da rompere.
Non che anche quella volta non mi fossi prodigato nel chiedere con insistenza agli scultori di evitare di aggiungere cose o comunque realizzare parti di scultura fragili e facili da rompere o asportare. Lo feci fino alla nausea, ma non ci fu nulla da fare, come sempre. E fu così che il numero delle sculture vandalizzate passò d’un sol colpo da cinque a nove, ma quel nove non sarebbe rimasto solo per molto, perchè “lui” era là, in attesa, eroicamente nascosto nell’ombra.
Continua
 
MAM, Museo d’Arte sul Mare
 
 
 
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