Mam, Museo d’Arte sul Mare: la storia – 9

LE OPERE DEL MAM E LA LORO STORIA – 9

di Piernicola Cocchiaro
 
 
 
San Benedetto del Tronto, 2018-10-24 – Un’altra nuova scheda contenente le foto delle opere del MAM realizzate durante la nona edizione di “Scultura Viva”, nel 2004 e la loro storia.
Le foto sono tratte dal catalogo del Festival dell’Arte sul Mare 2018, realizzato da Fabrizio Mariani, mentre la storia e’ tratta dal libro “Cercavo proprio te” di Piernicola Cocchiaro.

Scultura Viva 2004
 

“Saluti da San Benedetto” e una storia finita bene
Il più felice quell’anno, fu sicuramente Adriano Cellini, il fotografo freelance che oltre a fare il fotoreporter, aveva anche la passione delle cartoline. Ne aveva fatto stampare diverse, con vari soggetti, tra le quali anche alcune che riguardavano le opere di “Scultura Viva” e le aveva messe in vendita in alcune tabaccherie della città.
Tra le sue più belle ce n’era una in particolare, che a me piaceva moltissimo e aveva come soggetto la famosa casetta di travertino dello scultore coreano che purtroppo fu vandalizzata qualche anno prima. La casetta in primo piano, occupava la parte destra della cartolina, mentre nella parte sinistra si vedeva il mare color verde cupo che lui diceva fosse “il mare di Mario Luzi”.
Quando Adriano vide l’opera finita dello scultore emiliano romagnolo Gianantonio Cristalli, non credette ai suoi occhi. Gianantonio aveva realizzato un originale bassorilievo che rappresentava un uomo sulla spiaggia e che occupava più della metà destra della faccia di un blocco di travertino, mentre, sulla parte sinistra liscia, aveva scritto in corsivo: “Saluti da San Benedetto”. Di per se il bassorilievo non era un gran che, ma quella scritta, gli conferì una originalità inaspettata.
Praticamente Gianantonio realizzò una vera e propria cartolina a rilievo che poi arricchì colorandola parzialmente di giallo. E’ inutile dire che la foto dell’opera andò immediatamente ad arricchire la già bella collezione di Adriano.
Oltre a Gianantonio Cristalli, quell’anno Carlo Melloni invitò al simposio due scultrici italiane, Cinzia Porcheddu e Grazia Volanti, il bulgaro Nicolas Mincu, la scultrice polacca Halinka Jakubowska, l’italiano Orazio Barbagallo, il coreano Kim, Si-Kwon e, come artista locale, l’italo albanese Genti Tavanxhiu.
A dire la verità solo due furono le sculture di una certa qualità plastica, quella di Tavanxhiu e quella del bulgaro Mincu. Anche la scultura della polacca fu interessante, anche perchè composta da due blocchi adiacenti, ma il fatto che non fosse molto evidente un vero “lavoro scultoreo”, diminuì l’interesse del pubblico per essa.
L’opera di Tavanxhiu invece, sebbene fosse astratta, fu molto apprezzata dal pubblico, soprattutto per il fatto che fu il frutto di molto lavoro, che mise in evidenza una grande professionalità dell’albanese. Il bulgaro Mincu realizzò un cubo che conteneva dei fiori trattati geometricamente e quello che più piacque dell’opera fu il fatto che fosse praticamente a tutto tondo.
L’opera di Mincu piacque anche a me, ma purtroppo, piuttosto che alla sua opera, ogni volta che ricordo Mincu, la mia mente torna all’incidente che Nicolas ebbe durante quell’edizione di “Scultura Viva” e che fortunatamente, finì senza alcuna conseguenza.
L’incidente avvenne a circa metà settimana in un pomeriggio, durante il quale, visto che tutto sembrava procedere bene, mi presi la libertà di allontanarmi per un pò, per sbrigare in centro alcune cose che riguardavano l’organizzazione. Dopo circa una mezz’ora squillò il mio cellulare e qualcuno, forse Cristalli o Tavanxhiu, mi informò del fatto che Mincu si era tagliato una gamba. Aveva detto proprio così: “Mincu si è tagliato una gamba!”. Non chiesi i dettagli della cosa, rimasi impietrito e prima che quel qualcuno potesse replicare, mi ritrovai in bicicletta a correre come un forsennato verso il molo sud.
Quando arrivai là, Nicolas era già stato portato in ospedale dall’ambulanza prontamente accorsa ed io senza fiato e con un filo di voce, chiesi agli scultori i particolari della vicenda. Solo allora capii che Nicolas non aveva perso la gamba, come avevo immaginato per tutta la mia corsa e che fortunatamente il taglio aveva interessato più il polpaccio che il tendine.
Mi recai immediatamente in ospedale e raggiunsi Nicolas che aveva la gamba fasciata ed aspettava che il medico del pronto soccorso, che fortunatamente conoscevo bene, intervenisse sulla ferita. Il taglio era abbastanza profondo, mi disse il medico, ma non tanto da interessare l’osso o la parte superiore del tendine. Mi accasciai su una sedia e finalmente mi tranquillizzai. Dopo circa una quarantina di minuti, tutto sembrò finito, la ferita era stata medicata, ricucita e fasciata e Mincu sembrava essere veramente felice, come se gli avessero fatto un regalo.
Più tardi, quando lo accompagnammo in albergo, lui mi confidò che la sua felicità era dovuta al fatto che si era preoccupato molto per quanto accaduto e soprattutto del fatto che non era assicurato, come invece prevedeva il regolamento di partecipazione e quindi, visto che era stato curato alla perfezione, che tutto era andato bene e che soprattutto tutto era gratuito, era molto felice e riconoscente.
Il giorno dopo venni a conoscenza dei dettagli raccapriccianti dell’incidente che praticamente era accaduto per una distrazione di Nicolas. Lui infatti, aveva lasciato a terra, dietro di se la sua mola grande e stava lavorando alla scultura con uno scalpello, quando, facendo un passo indietro, inciampò sull’attrezzo che si accese facendo impennare il disco diamantato. Il quale a sua volta tagliò la sua gamba alla base del polpaccio.
Lui però mi disse che non si era accorto assolutamente di nulla e non aveva sentito alcun dolore, furono gli altri scultori ad accorgersi subito dopo che la gamba stava perdendo sangue e ad avvertirlo del fatto.
Tutto finì comunque bene e Mincu, sebbene claudicante, il giorno dopo tornò al suo lavoro completando la sua scultura, ma da quell’anno, con l’aiuto di Renato, il mio caro amico avvocato, feci firmare ad ogni scultore una liberatoria che in caso di incidente dovuto alla propria imperizia, mi “liberava” da ogni tipo di responsabilità.
 
 
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