Mam, Museo d’Arte sul Mare: la storia – 10

LE OPERE DEL MAM E LA LORO STORIA – 10

di Piernicola Cocchiaro
 
 
 
San Benedetto del Tronto, 2018-11-02 – Altra nuova scheda contenente le foto delle opere del MAM realizzate durante la nona edizione di “Scultura Viva”, nel 2005 e la loro storia.
Le foto sono tratte dal catalogo del Festival dell’Arte sul Mare 2018, realizzato da Fabrizio Mariani, mentre la storia e’ tratta dal libro “Cercavo proprio te” di Piernicola Cocchiaro.

 

Scultura Viva 2005
Il decennale
Il 2005 fu un anno molto importante per Scultura Viva, per via del fatto che segnava il decennale del simposio. Erano passati dieci anni dalla sua prima edizione e la cosa era incredibile. Bisognava festeggiare, bisognava che mi inventassi qualcosa! Così mi venne in mente di organizzare un referendum popolare per la scelta degli otto artisti che avrebbero partecipato a Scultura Viva. Quella volta sarebbe stato il pubblico a scegliere gli artisti votando l’opera più bella tra quelle già realizzate. Sarebbe bastato fare una croce con una penna sulla foto dell’opera che si preferiva, aggiungere i dati del votante (questo fu deciso per scoraggiare possibili falsificazioni) e poi piegare la scheda referendaria e inserirla in una apposita urna.
Con l’aiuto di Fabrizio Mariani realizzammo e facemmo stampare alcune migliaia di copie di un foglio pieghevole in bianco e nero, che conteneva tutte le 80 opere già presenti in quella che era diventata la galleria d’arte all’aperto del molo sud e che mettemmo a disposizione del pubblico al Centro Porto Grande di Porto d’Ascoli. Mi ricordo che facemmo in modo di essere presenti a turno nelle ore di punta dei fine settimana, per spiegare la cosa soprattutto a coloro che non conoscevano Scultura Viva.
L’iniziativa ebbe un grande successo e ricordo che furono raccolte circa 3.000 schede. Io e Fabrizio fummo veramente soddisfatti, fino a quando io non mi accorsi che oltre un terzo delle schede erano false. Si, proprio così, quasi 1.200 schede furono falsificate da un paio di “artisti” che volevano ripartecipare ad ogni costo al simposio e uno dei due “falsari” fu assolutamente esagerato.
Capii subito che il referendum era stato “sporcato” dal numero eccessivo dei voti (circa novecento) che aveva preso l’opera del “falsario numero uno” e la cosa mi indignò talmente che volevo escluderlo senza pietà dal gruppo dei più votati, ma Carlo Melloni non fu d’accordo e disse che comunque bisognava riconoscergli almeno il 25, 30% dei voti ottenuti. Così, nonostante avessimo annullato oltre due terzi delle sue schede, la sua scultura risultò ugualmente una delle otto più votate.
Quando vidi le schede che gli davano la preferenza, fui insospettito dal fatto che pur cambiando i nominativi dei votanti, la scrittura che riguardava i loro dati era sempre la stessa, sia uomo che donna, sia giovane che anziano. Praticamente il “falsario numero uno” aveva organizzato una sorta di catena di montaggio, nella quale probabilmente, una persona riempiva la parte della scheda destinata ai dati personali del votante e lui o un’altra, metteva la croce sulla foto che riproduceva la sua scultura e apponeva la firma. Non si era nemmeno preoccupato che le due persone usassero penne dello stesso colore, tant’è vero che la stessa scheda spesso risultava compilata con penne di colore diverso. I nomi sicuramente li aveva presi dall’elenco telefonico e aveva usato anche nomi di persone che risiedevano in altri comuni.
Per capire fin dove fosse arrivato, domandai ad un mio collega architetto, allora assessore del Comune di Monsampolo, se conosceva un tizio che aveva votato l’opera del “falsario numero uno” e che risultava essere un suo concittadino. “Si, lo conosco bene” mi disse per telefono, “ma non capisco proprio come possa essersi recato al Centro Porto Grande di Porto d’Ascoli, per votare, perchè è veramente molto vecchio e sono anni che non esce di casa perchè è costretto a letto”.
Da quella volta, non ho mai perdonato il “falsario numero uno” per aver rovinato il mio referendum popolare. Non riuscii a tacere la mia indignazione e quando mi capitò l’occasione gli dissi allora e gli ripetetti in seguito, più volte, che la sua partecipazione al decennale non era legata alla sua bravura, ma alla sua “bravata”. In cuor mio non ho mai perdonato nemmeno il “falsario numero due”, ma nonostante tutto, non gli ho mai detto che sapevo. Mi è sempre piaciuto fargli credere che io non me ne fossi accorto e forse chissà, lui lo crede ancora. Questo non significa però che non glielo dirò mai, aspetto solo una buona occasione.
Tuttavia, al di là di queste basse meschinità, il referendum “pulito” diede un ottimo risultato e soprattutto fu un’ottima pubblicità per il decennale che sarebbe iniziato a giugno. Quell’anno a Scultura Viva parteciparono il giapponese Toshihiko Minamoto, il bulgaro Kamen Tanev, l’argentina Mimo Eidman, il tedesco Norbert Jaeger e gli italiani Sante Ciconte, Pasquale Liberatore, Emidio Sturba e Claudio Michetti.
Toshihiko quell’anno fece un altro capolavoro, scavando anche quella volta un intero blocco. Il pubblico che assisteva al suo lavoro era più numeroso, ma anche quell’anno nessuno osò interromperlo. Non smetteva mai di lavorare, solo una volta interruppe il suo lavoro per salutare un suo amico scultore che era venuto a trovarlo da Roma, un certo Nobushige Akiyama, che poi ritroveremo più avanti in uno dei prossimi capitoli. Anche quella volta, nonostante l’albergo fosse vicino, preferì non tornare per il pranzo insieme agli altri, continuando a lavorare tutto il tempo.
Mi ricordo ancora la sua faccia difficile da capire, ma chiaramente molto arrabbiata, la mattina in cui fu costretto ad interrompere il suo lavoro per permettere agli operai della Picenambiente di pulire con l’idropulitrice le sculture appena fatte e tutta la porzione di molo coperta dalla polvere bianca del travertino. Era la mattina del sabato che chiudeva il simposio, ormai tutti gli altri scultori avevano già finito le loro opere e come sempre intorno alle 6,30 arrivò l’autobotte della Picenambiente guidata da Mario che iniziò il lavaggio. Quando arrivai io vidi e fotografai Toshihiko affranto che aspettava ansioso di riprendere finalmente il lavoro.
Anche Norbert Jaeger fece un’opera straordinaria quell’anno, creando letteralmente un tunnel cubico all’interno di un blocco che aveva completamente svuotato nella sua parte centrale superiore e in quella frontale inferiore. Tutte le sculture furono interessanti e molto apprezzate, come quella di Kamen Tanev, Pasquale Liberatore e Santo Ciconte, ma quelle di Minamoto e di Jaeger furono indubbiamente quelle più ammirate ed ancora oggi sono in assoluto tra le più belle delle 156 presenti lungo il molo sud.
 
 
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