Solar Orbiter risolve il mistero degli “switchback”
L’osservatorio spaziale ESA/NASA vicino ai segreti del Sole
L’osservatorio spaziale ESA/NASA Solar Orbiter, durante il suo più recente avvicinamento al Sole, ha svelato l’origine degli switchback, evidenziando come i processi che generano questi eventi potrebbero contribuire ad accelerare il vento solare.
Ma di cosa si tratta? Il 25 marzo 2022, Metis, il coronografo italiano a bordo della sonda Solar Orbiter – alle cui indagini partecipa anche il gruppo di ricerca di Uniurb coordinato dalla Professoressa Catia Grimani – ha osservato per la prima volta nella corona, cioè nello strato più esterno dell’atmosfera del Sole, una struttura magnetica a forma di S, lo switchback, che si propaga nello spazio interplanetario, finora soltanto misurata localmente dalle sonde che l’hanno attraversata.
La rilevazione del fenomeno in corona, noto fin dagli anni ‘70 ma sempre esplorato a grande distanza dal Sole nel mezzo interplanetario, ha consentito a un team internazionale di scienziati di interpretarne l’origine sulla base dell’interchange reconnection e grazie a un modello matematico che ne descrive dettagliatamente genesi e sviluppo.
L’indagine, coordinata da Daniele Telloni, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica – Osservatorio Astrofisico di Torino, che ha riconosciuto l’evento associandolo a uno studio sugli switchback proposto nel 2020 dal Professor Gary Zank dell’Università dell’Alabama a Huntsville, è stata pubblicata sulla rivista The Astrophysical Journal Letters e sarà presentata nel corso dell’8th Solar Orbiter Workshop che si apre oggi a Belfast.
Hanno firmato l’articolo Observation of a magnetic switchback in the solar corona ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, dell’Agenzia Spaziale Italiana, delle Università di Firenze, di Padova e di Urbino, del Consiglio Nazionale delle Ricerche, dell’Università dell’Alabama a Huntsville e di altri prestigiosi Atenei stranieri.
“La prima immagine scattata da Metis che Daniele mi ha mostrato – spiega il Professor Gary Zank – ha suggerito da subito una corrispondenza con il modello matematico sulla produzione di switchback che col mio team ho sviluppato tempo fa. Ma, naturalmente, entrambi abbiamo dovuto frenare il nostro entusiasmo fino a quando la comparazione di analisi più dettagliate prodotte dal coronografo ha confermato l’ipotesi attraverso risultati assolutamente spettacolari!”.
Comprendere l’origine degli switchback è, dunque, di particolare rilevanza in quanto il meccanismo che li forma potrebbe spiegare anche l’origine dell’accelerazione del vento solare, vale a dire di quel flusso di particelle cariche emesse costantemente dal Sole che viaggia radialmente verso l’esterno nel Sistema Solare, pervadendo lo spazio interplanetario e investendo anche l’atmosfera terrestre.
“La prima immagine di uno switchback nella corona solare ha svelato senz’altro il mistero della sua origine“, commenta Daniele Telloni. “Continuando a studiare il fenomeno potremmo riuscire a far luce sui processi che accelerano il vento solare e lo riscaldano a grandi distanze dal Sole.
Il passo successivo sarà, quindi, correlare le immagini degli switchback osservate da remoto con le loro misure locali”.
Lo studio del Sole e del vento solare prosegue, quindi, grazie a Solar Orbiter: la prima sonda a portare sia strumenti di telerilevamento, sia in situ a un terzo della distanza Terra-Sole.
“Questo è esattamente il tipo di risultato che speravamo di ottenere con Solar Orbiter”, chiarisce Daniel Müller, ESA Project Scientist per Solar Orbiter. “Grazie ai dieci strumenti che si trovano a bordo della sonda spaziale, raccogliamo una quantità di dati sempre maggiore e, sulla base di risultati come quello appena raggiunto, perfezioniamo le osservazioni pianificate per la sonda.
Quello appena effettuato è infatti solo il primo passaggio ravvicinato di Solar Orbiter al Sole, durante i prossimi proveremo a capire in che modo la nostra stella si collega al più ampio ambiente magnetico del Sistema Solare, insomma prevediamo di ottenere molti altri risultati entusiasmanti”.
L’articolo dell’ESA che illustra la scoperta è consultabile a questo link:
L’intervista di #Uniamo, il blogazine di Uniurb, a Daniele Telloni e Catia Grimani è al link: